È in attesa delle scarpe da trekking da qualche giorno ma il corriere non si vede a Bonaita, frazione del comune di Aggius, nell’entroterra gallurese. Marino Curnis, scarpe o non scarpe, è prontissimo alla partenza della sua “camminata” sarda: Ajò 2020, un progetto che parte dal cuore di Marino per arrivare al cuore della Sardegna.

Un viaggio a piedi. Un viaggio senza meta. Quasi un partir senza ritorno. 3000 chilometri ingabbiati da un itinerario di massima inventato d’urgenza. Un viaggio obbligato a non esondare dalle coste di un’isola. Anzi: dell’Isola. La Sardegna, ombelico del Mar Mediterraneo, terra rude e selvaggia ancora da scoprire, capire, conoscere nella sua natura. Se possibile. Un percorso nato sulla falsa riga di quattro strade romane, quelle che, quando l’isola dei Nuraghe era già vecchia di esperienze, di storia, di architettura, gli antichi romani imposero al suo territorio. I miei piedi hanno necessità nei loro cammini di calpestare la storia facendo memoria di ciò che fummo, ricordando che tutto passa e va. Panta rei. Il caso vuole che queste strade, oggi, corrispondano vagamente ad altrettanto vaghi cammini. Tre in particolare: il Sentiero Italia; il Cammino delle 100 Torri; il Cammino di Santu Jacu. Tenterò di seguirli aggiungendo ad essi la ricerca di un quarto percorso: le tracce della più antica strada romana della Sardegna. Il quinto itinerario, quello conclusivo, sarà più libero e più mio: lo improvviserò, smarrendomi”.

Cosa mi aspetto da questo viaggio? “Ma io per camminare sognando, scortato da pensieri sereni, avevo bisogno di un paesaggio boscoso con lunghi sentieri e, di tanto in tanto, una locanda con boccali di birra traboccanti su tavoli di legno.” (da Sentieri Neri, di Sylvain Tesson)

Marino Curnis è bergamasco e il suo modus vivendi è fondato sul camminare. Non per mettere bandierine sul planisfero o compiere imprese. Semplicemente per assecondare il suo bisogno di libertà, per essere se stesso. 

Per Marino il senso di questa camminata sarda va individuato in un nuovo inizio, nell’assenza di confini in profonda sintonia col nomadismo e con una libertà che forse “non esiste”. Già perché tra i suoi tanti viaggi a piedi Marino ricorda quello da Bergamo al Giappone interrotto in Iran perché privo di permesso. “Non basta il desiderio per muoversi nel mondo dove confini e permessi non ti lasciano la libertà di camminare, semplicemente camminare, trasformando la libertà in un’illusione”. 

Perché la Sardegna? “Perché è una terra aspra, naturale, che esaspera il concetto di nomadismo. E per girovagare liberamente ma vicino ai miei figli che vivono qui. Ho fatto il contadino per qualche anno ma ora sento forte il bisogno di partire e abbracciare il nomadismo. L’essere stanziale mi fa diventare cinico, mentre il camminare mi regala l’armonia col mondo e con le persone. Mi muove la curiosità di scoperta e il desiderio d’introspezione. Viaggio volentieri da solo perché sono il migliore amico di me stesso. Chiunque può aggregarsi ma conduco una vita spartana che non sempre è facilmente condivisibile”.

Il desiderio di scoperta è fortissimo e Marino Curnis ha un rapporto profondo con questa terra che gli trasmette belle suggestioni. “Vivo qui da anni ma, esclusi alcuni luoghi della Gallura, non la conosco e mi affascina la natura esuberante, poco contaminata e selvaggia dell’isola”. 

La Sardegna è fatta di terra e di mare, due dimensioni diverse. Marino è uomo di montagna, con i piedi per terra. “Il mare della Sardegna è stupendo ma per me è il luogo della mente e mi fa smarrire nei miei pensieri; la terra mi riporta alla concretezza”. 

Buon cammino, Marino. Itinerari e Luoghi ti segue con affetto e racconterà ai suoi lettori i tuoi appunti nomadi e liberi.

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