Viaggiare in aereo è stressante. Nell’ultima settimana di ottobre all’aeroporto di Venezia si è svolto il primo test affidato da SAVE a TSW, azienda che attraverso accurati strumenti di rilevazione misura e interpreta le esperienze delle persone per migliorarle, per dare il via alla prima analisi di esperienza psicofisiologica aeroportuale in Italia, finalizzata in particolare all’analisi dell’efficacia della segnaletica informativa del Marco Polo attraverso l’uso di una metodologia innovativa.

Il metodo


Grazie a un approccio multidisciplinare e protocolli di ricerca che combinano metodi qualitativi e quantitativi, TSW, in collaborazione con SAVE, ha condotto una rilevazione e analisi di dati psicofisiologici legati agli aspetti attentivi, emotivi e cognitivi, e dati comportamentali generati dall’interazione con interfacce analogiche o digitali presenti all’interno e all’esterno dell’aeroporto Marco Polo di Venezia. Attraverso un test condotto in ambiente reale, è stata misurata l’esperienza dei viaggiatori tramite il monitoraggio di diversi parametri psicofisiologici, come i movimenti oculari e l’attivazione dei livelli di sudorazione, oltre alla raccolta di una serie di feedback qualitativi, per rilevare il grado di stress e il carico cognitivo generato dai diversi momenti dell’esperienza aeroportuale.

Aeroporto Venezia

40 volontari, interpretando il ruolo di passeggeri, sono stati muniti di eye tracking glasses, occhiali che rilevano il movimento oculare, e stress bracelet, braccialetti che misurano il livello di stress, attraverso i quali è stato monitorato ciò che ciascuno guardava, come percepiva le indicazioni di segnaletica e quali fossero i momenti più stressanti.

I candidati hanno simulato delle precise casistiche di viaggio, seguendo percorsi predeterminati che hanno compreso tutte le diverse aree aeroportuali (parcheggi, trasporti pubblici, darsena; check-in; varchi di sicurezza; zona partenze e zona arrivi). Infine, al termine del test, sono stati intervistati sulle loro aspettative e le eventuali barriere incontrate, nonché sul grado di stress e sul carico cognitivo generati dai diversi momenti dell’esperienza aeroportuale.

Secondo le stime dei ricercatori, un passeggero trascorre in media 100 minuti all’interno di un aeroporto prima dell’imbarco. L’obiettivo di SAVE, attraverso il progetto sviluppato ed eseguito da TSW, è di migliorare il livello di qualità di questo tempo, riducendo quanto più possibile nei viaggiatori l’affaticamento derivante da un sovraccarico cognitivo a cui sono sottoposti in un ambiente così ricco di stimoli, dalla fase di ingresso, a quella dei controlli di sicurezza, fino al momento dell’imbarco.

Aeroporto Venezia

Il numero di informazioni estremamente elevato degli ambienti aeroportuali riduce la percezione di controllo da parte delle persone, che sono inevitabilmente sottoposte a una condizione di stress. Non manca la letteratura a dimostrarlo: un caso di studio del 2007, condotto all’aeroporto di Heathrow, ha evidenziato parametri psicofisiologici considerevolmente più alti rispetto a quelli attesi. Tuttavia, in seguito all’installazione di una parete di quasi 1700 piante nel 2016 (il “Garden Gate Plant”), una seconda misurazione ha dimostrato la riduzione significativa del livello di stress nei passeggeri. Dopo Heathrow, per la prima volta in Italia, è il “Marco Polo” di Venezia a mettere i passeggeri al centro del processo di progettazione dell’esperienza aeroportuale.

I primi risultati


Il Moving Walkway di collegamento tra la darsena e il terminal ha raccolto le attivazioni sensoriali più positive, a conferma che gli elementi naturali che la caratterizzano e la luce che passa dalle ampie vetrate, contribuiscono a generare una percezione di accoglienza. In questa fase, infatti, il braccialetto che misura lo stress ha mostrato un generale abbassamento dei valori medi di sudorazione della pelle, nonostante le persone dovessero comunque camminare. Come se i passeggeri, attraversando l’interno della passerella per circa 10 minuti, fossero stati esposti a un ambiente più confortevole, piacevole e quasi rilassante.
Come previsto, è stata la fase dei controlli di sicurezza quella più stressante, dove tutti, sistematicamente, hanno mostrato un aumento della sudorazione della pelle significativamente importante, generando un livello di stress circa 7 volte superiore (in termini di analisi fasica della sudorazione della pelle) rispetto al momento del ritorno, per esempio. Dal test è emerso, in particolare per le persone con una bassa esperienza di viaggio in aereo, che le azioni associate alla fase di check-in richiedano una maggiore esplicitazione. Per esempio, l’aggiunta di informazioni in grado di far capire che se non ci sono bagagli da imbarcare, non è nemmeno necessario passare per il “check-in”, diminuirebbe il livello di stress cognitivo. In generale si è notato che la maggior parte delle persone tende a “seguire il flusso”: quando un certo numero di persone va verso una direzione ci si sente subito rassicurati e il livello di stress diminuisce. Nemmeno l’aeroporto, infine, è esente dal cosiddetto digital divide. Istintivamente, infatti, i partecipanti più giovani si sono diretti verso i punti informativi digitali, provando fin da subito una interazione touch screen con gli stessi, mentre i meno giovani li hanno sistematicamente evitati in favore di quelli statici e non interattivi.

 

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