
I Colli Euganei non hanno bisogno di grandi proclami: si impongono con discrezione. Sono un arcipelago verde che emerge dalla pianura veneta, un insieme di profili arrotondati dove natura e storia si sono intrecciate fino a creare un paesaggio che si legge come un libro aperto. Anche in inverno. Non è un caso che nel 1369 uno dei massimi padri della letteratura italiana, Francesco Petrarca, si sia stabilito fra queste dolci colline legando il suo nome per l’eternità al borgo di Arquà, Arquà Petrarca, appunto. Che oggi è cuore del Parco Letterario, un’esperienza unica di valorizzazione del territorio attraverso le suggestioni e descrizioni rese da autori che hanno tratto profonde ispirazioni da questi luoghi.
Sul Petrarca torneremo più avanti, perché è bene contestualizzare che l’area dei Colli Euganei è fra le più ricche in termini culturali, naturalistici ed enogastronomici del Veneto ed è cuore del Parco Regionale dei Colli Euganei, dal 2024 incluso nella Rete Mondiale delle Riserve della Biosfera MaB UNESCO per i suoi insediamenti palafitticoli dell’Età del Bronzo.
Una zona da percorrere senza fretta, ideale per coppie, famiglie con bambini, sportivi e appassionati di esperienze outdoor, fra giardini seicenteschi e labirinti d’acqua, borghi medievali dove la parola “poesia” non è una formula, terme antiche che ancora curano e rilassano e, soprattutto, la terra che produce vini dal carattere vulcanico.
A Villa Barbarigo un monumentale percorso di espiazione
Il nostro tour inizia da qui, dal Comune di Galzignano Terme, a una manciata di chilometri da Arquà Petrarca. Adagiato sulle pendici dei Colli Euganei, il borgo è un’oasi silenziosa, elegante, immerso tra boschi, vigneti e antiche ville venete. Le acque termali e i resort di ultima generazione richiamano chi cerca relax, ma il territorio racconta molto di più: una storia stratificata, dai primi insediamenti romani al Medioevo delle paludi, fino alla grande stagione delle bonifiche cinquecentesche volute dalle famiglie veneziane. È allora che i Colli iniziano a popolarsi di residenze di villeggiatura, molte delle quali ancora oggi punteggiano il paesaggio come piccoli scrigni di memoria. Tra queste, la più affascinante è senza dubbio Villa Barbarigo Pizzoni Ardemani, a Valsanzibio. Il suo immenso giardino barocco – progettato da Luigi Bernini, fratello di Gian Lorenzo – non è un semplice parco monumentale: è un cammino simbolico, un percorso di espiazione pensato nel Seicento per raccontare il passaggio dall’errore alla redenzione attraverso labirinti, fontane, statue e giochi d’acqua. Un viaggio iniziatico immerso nel verde, dentro una terra che custodisce memorie antiche e simboli potentissimi, dove ogni tappa ha un significato preciso.
Il toponimo Valsanzibio – “valle di Sant’Eusebio” – compare già nel 1155, ma la sua anima prende forma nel Seicento, quando la famiglia Barbarigo affida allo scultore Enrico Merengo l’allestimento di un giardino che diventi itinerario spirituale: un grande “libro verde” in cui il visitatore procede dalla condizione umana imperfetta verso la salvezza. I numeri sono impressionanti: 60mila mq di Bosso, 60% di piante del progetto originale del ‘600, un Tasso di 900 anni, 33 punti d’acqua, 60 statue tutte in pietra d’Istria. E poi un labirinto di 1.500 metri lineari – il più antico al mondo fra quelli costruiti con specie arboree – la cui altezza varia tra il metro e 65 e i 2 metri e 70.
Ogni cosa, qui dentro, parla di purificazione ed espiazione. Del resto la stessa famiglia dei Barbarigo si era rifugiata qui per salvarsi dalla peste che imperversava nel veneziano. L’ingresso stesso alla Villa, il celebre Bagno di Diana, non è solo scenografico: simboleggia la purificazione iniziale, il punto in cui ci si libera del superfluo per intraprendere il cammino. Da lì il percorso si snoda tra viali geometrici, fontane, giochi d’acqua e allegorie che accompagnano passo dopo passo: il labirinto, emblema delle difficoltà e degli smarrimenti della vita; la statua del Tempo, isolata in un boschetto come monito sull’ineluttabilità dell’esistenza; e poi gli scherzi d’acqua, che nel Seicento ricordavano allo spettatore la precarietà delle certezze umane.
Il risultato è un giardino che unisce arte, fede e natura in un racconto coerente, pensato dal procuratore Andrea Barbarigo sotto l’influenza del fratello, il cardinale Gregorio Barbarigo, futuro santo. Uno dei complessi barocchi meglio conservati del Veneto e un’esperienza che ancora oggi mantiene la forza simbolica di allora.
- Villa Barbarigo Pizzoni Ardemani a Valsanzibio di Galzignano Terme. Ph. Marco Giovenco
- Villa Barbarigo Pizzoni Ardemani a Valsanzibio di Galzignano Terme. La vasca centrale da cui iniziava il percorso di espiazione. Ph. Marco Giovenco
- Villa Barbarigo Pizzoni Ardemani a Valsanzibio di Galzignano Terme. All’interno si trova un labirinto di 1.500 metri lineari – il più antico al mondo fra quelli costruiti con specie arboree – la cui altezza varia tra il metro e 65 e i 2 metri e 70.Ph. Marco Giovenco
- Villa Barbarigo Pizzoni Ardemani a Valsanzibio di Galzignano Terme. All’interno si trova un labirinto di 1.500 metri lineari – il più antico al mondo fra quelli costruiti con specie arboree – la cui altezza varia tra il metro e 65 e i 2 metri e 70. Ph. Marco Giovenco
- Villa Barbarigo Pizzoni Ardemani a Valsanzibio di Galzignano Terme. All’interno si trova un labirinto di 1.500 metri lineari – il più antico al mondo fra quelli costruiti con specie arboree – la cui altezza varia tra il metro e 65 e i 2 metri e 70. Ph. Marco Giovenco
- Villa Barbarigo Pizzoni Ardemani a Valsanzibio di Galzignano Terme. Ph. Marco Giovenco
- Villa Barbarigo Pizzoni Ardemani a Valsanzibio di Galzignano Terme. Tantissimi i giochi d’acqua, simbolo di espiazione e purificazione. Ph. Marco Giovenco
- Villa Barbarigo Pizzoni Ardemani a Valsanzibio di Galzignano Terme. Il Conte Armando Pizzoni Ardemani è anche appassionato cicerone e curatore del giardino monumentale. Ph. Marco Giovenco
- Villa Barbarigo Pizzoni Ardemani a Valsanzibio di Galzignano Terme. L’isola dei conigli. Ph. Marco Giovenco
- Villa Barbarigo Pizzoni Ardemani a Valsanzibio di Galzignano Terme. Ph. Marco Giovenco
- Villa Barbarigo Pizzoni Ardemani a Valsanzibio di Galzignano Terme. La statua del dio Krónos, il tempo, che simboleggia che il tempo perduto non torna più e va dunque utilizzato nel migliore dei modi. Ph. Marco Giovenco
Un paradiso termale da vivere tutto l’anno
A Galzignano Terme il benessere affonda le radici lontano. Già i Romani conoscevano la forza delle sorgenti che sgorgano dai Colli Euganei: acque calde, minerali ricchissimi, un’energia naturale che per secoli ha attirato nobili, viaggiatori e chi cercava un rimedio ai propri malanni. Nel Rinascimento la fama di queste acque cresce, mentre nell’Ottocento arrivano le prime strutture moderne: nasce così la Galzignano termale come la conosciamo oggi, un luogo dove la tradizione millenaria si intreccia con tecnologie contemporanee, protocolli e strutture ricettive all’avanguardia come il Galzignano Resort Terme & Golf.
Le acque qui sono salso-bromo-iodiche, arrivano da profondità notevoli e mantengono una composizione stabile che spiega la loro efficacia: sono antinfiammatorie, detossinanti, rigenerative. Ideali per artriti, reumatismi, dolori articolari, ma anche per chi soffre di disturbi respiratori grazie ai trattamenti inalatori. Gli effetti benefici si vedono anche sulla pelle: dermatiti, psoriasi e altre patologie trovano spesso un sollievo concreto.
Le sorgenti ipertermali — che raggiungono gli 87 gradi — alimentano una gamma di trattamenti strutturata come un vero percorso di benessere. La fangoterapia resta il cardine, grazie alla sua capacità di calmare le infiammazioni e restituire mobilità. La balneoterapia sfrutta l’abbraccio caldo delle acque per sciogliere tensioni e dolori cronici, mentre i percorsi inalatori, il Kneipp, le saune e i massaggi terapeutici completano l’esperienza. Ogni protocollo viene modulato sulle esigenze della persona. Ed è forse questa la cifra distintiva di Galzignano: un luogo dove la storia termale non si limita a sopravvivere, ma continua a evolversi, restando fedele alla propria vocazione di cura e rinascita.
Colli Euganei, il territorio diventa racconto al MuCE
Nel cuore di Galzignano Terme c’è un luogo che prova a fare una cosa semplice e ambiziosa insieme: raccontare un territorio complesso, i Colli Euganei, attraverso le sue voci naturali, storiche e artistiche. È il MuCE – Museo dei Colli Euganei, un museo nato tra il 2006 e il 2009 all’interno della vecchia scuola del paese, che non si limita alle pareti, ma che, come spiega la Direttrice Giulia Deotto, «ha l’obiettivo di aprirsi alla comunità e al paesaggio come un’estensione naturale del proprio percorso narrativo».
La visita lascia davvero senza parole per bellezza e ricchezza di proposte: il museo “indoor” è articolato fra sale tematiche e collezioni che attraversa secoli di vita euganea. Si spazia dalla sala ornitologica, con circa 120 esemplari di uccelli contestualizzati nei loro habitat e una suggestiva ala dedicata ai rapaci notturni, alla sala delle ceramiche rinascimentali, alla sala archeologica e storica, dove reperti romani legati al termalismo, mappe delle ville venete e ricostruzioni digitali del paesaggio del Settecento ricompongono i tasselli della memoria locale. A completare il quadro, l’Angolo dello Studioso: un erbario monumentale con oltre 4.400 campioni botanici e materiali di ricerca che fotografano la biodiversità dei Colli Euganei.
Accanto alla collezione stabile, il museo sperimenta linguaggi nuovi: dai percorsi sensoriali legati alle spezie e alle erbe locali, alle mostre temporanee e alle collaborazioni con università come Padova e IUAV, che usano il MuCE come laboratorio di studio sul paesaggio e sull’architettura del territorio. Ma è all’esterno che il museo compie il suo passo più deciso; dal 4 ottobre 2024 il MuCE è diventato ufficialmente un Museo Diffuso articolato in una decina di sentieri storici – tra contrade, valli e colli di Galzignano e Valsanzibio – capaci di trasformare il territorio in un percorso narrativo a cielo aperto. Cammini pedonali, tratti ciclabili e itinerari inclusivi (tutti consultabili tramite l’app Mirantibus che accompagna i visitatori tra storia, natura e arte come una guida discreta) guidano alla scoperta di luoghi, memorie e prodotti identitari come vino, olio e la ciliegia De.Co., altro fiore all’occhiello di Galzignano poiché circa l’80% della produzione cerasicola del padovano proviene da questo territorio. Un tradizione già florida nel ‘600 che, ogni anno, il 2 giugno, viene celebrata con la festa della ciliegia.
Oggi il MuCE è un museo in movimento: un ecosistema culturale che invita a esplorare i Colli Euganei senza fretta, lasciandosi guidare dalla curiosità e, soprattutto, dal paesaggio stesso. E tanti altri progetti sono in cantiere: tra questi il restauro dell’antica Pieve di Santa Maria Assunta, destinata ad accogliere mostre, concerti e incontri scientifici, e il costante arricchimento delle collezioni archeologiche e artistiche.
- La Direttrice del MuCE – Museo dei Colli Euganei, Giulia Deotto, illustra le sezioni del museo nato tra il 2006 e il 2009 all’interno della vecchia scuola del paese_Ph. Marco Giovenco
- MuCE – Museo dei Colli Euganei, la sala dedicata alle varietà ornitologiche del parco_Ph. Marco Giovenco
- MuCE – Museo dei Colli Euganei
- MuCE – Museo dei Colli Euganei. Mappatura del museo diffuso_Ph. Marco Giovenco
- MuCE – Museo dei Colli Euganei, la Sala Archeologica
- MuCE – Museo dei Colli Euganei. La Direttrice Giulia Deotto spiega il processo di formazione vulcanica della zona_Ph. Marco Giovenco
- MuCE – Museo dei Colli Euganei. La sala multimediale dedicata ai rapaci notturni_Ph. Marco Giovenco
Tra i colli, verso Arquà Petrarca
Lasciate Galzignano e Valsanzibio, la strada sale dolcemente verso Arquà Petrarca. Il paesaggio cambia: vigneti, filari curati, piccoli boschi e casolari. Questo è il momento ideale per una sosta fotografica sui panorami che guardano la pianura. Per chi viaggia in bici esistono percorsi ciclabili che collegano i punti principali; in auto sono presenti diversi punti per sostare in sicurezza.
Arquà, uno fra i Borghi più belli d’Italia e adagiato tra il Monte Piccolo e il Monte Ventolone, è una bomboniera medievale costruita su misura per chi ama camminare a passo lento e restituire quella quiete, i ritmi slow e la luce morbida che caratterizzano il paesaggio dei Colli Euganei.
Il cuore del paese è un saliscendi di pietra che collega il borgo inferiore al borgo superiore, tra case in trachite, palazzi veneziani e minuscole
piazze che sembrano scolpite nel tempo. L’anima più intima di Arquà si percepisce tra le mura sobrie dell’Oratorio della Santissima Trinità e della Foresteria Callegari, del XIII secolo. Era qui che il Petrarca, poeta, ma anche chierico, veniva a pregare e certamente ha contemplato affreschi e opere tuttora esposti nella chiesa. Di particolare pregio un ciclo del 1370 attribuito a un maestro vicino alla scuola di Giusto de’ Menabuoi e un polittico di Jacobello Bonomo.
La Casa di Francesco Petrarca: un luogo dove il tempo si è fermato
A pochi passi dall’Oratorio della Santissima Trinità e dal grande arco della Loggia dei Vicari – un tempo sede delle assemblee pubbliche e del governo locale – tra i vicoli in pietra del borgo si apre la dimora dove il poeta trascorse gli ultimi quattro anni della sua vita: la casa-museo è un frammento intatto di memoria, un luogo in cui il ritmo lento della campagna euganea sembra proteggere ancora il silenzio creativo del poeta.
Petrarca vi si stabilì tra il 1369 e il 1370 dopo un’esistenza nomade tra corti e città d’Europa, attratto dalla quiete del paesaggio e dalla promessa di una vita scandita più dalla contemplazione che dagli impegni di corte. Si spense in queste stanze nella notte del 19 luglio 1374, si narra con il capo appoggiato a un libro. Nonostante i restauri stratificati nei secoli, la casa conserva l’impianto originario e un fascino sobrio, quasi raccolto. Le sale custodiscono affreschi cinquecenteschi dedicati alla vita del poeta, alcuni arredi antichi (fra i quali la sua sedia e scrivania) e documenti che raccontano il peso della sua eredità.
Le spoglie del poeta riposano nel monumentale sarcofago in marmo rosa al centro del sagrato della vicina Chiesa di Santa Maria Assunta che, proprio nel 2026, compirà i mille anni dall’edificazione.
- Ingresso alla casa-museo di Francesco Petrarca_Ph. Marco Giovenco
- Casa-museo di Francesco Petrarca ad Arquà_Ph. Marco Giovenco
- Casa-museo di Francesco Petrarca ad Arquà. la sua celebre gatta_Ph. Marco Giovenco
- Casa-museo di Francesco Petrarca ad Arquà, particolare di affresco_Ph. Marco Giovenco
- Casa-museo di Francesco Petrarca ad Arquà, l’ingresso con il giardino monumentale_Ph. Marco Giovenco
- Una delle targhe del parco Letterario Francesco Petrarca e dei Colli Euganei che arricchiscono i percorsi di visita nella zona_Ph. Marco Giovenco
- Arquà Petrarca, altare ligneo all’interno dell’Oratorio della Santissima Trinità. Ph. Marco Giovenco
- Polittico del XIV secolo di jacobello di Bonomo custodito all’interno dell’Oratorio della Santissima Trinità ad Arquà Petrarca_Ph. Marco Giovenco
- Le spoglie del poeta riposano nel monumentale sarcofago in marmo rosa al centro del sagrato della vicina Chiesa di Santa Maria Assunta che, proprio nel 2026, compirà i mille anni dall’edificazione. Ph. Marco Giovenco
Un borgo da leggere: le targhe del Parco letterario
Passeggiare fra le vie medievali di Arquà Petrarca significa sfogliare un libro a cielo aperto. Nel paese e nell’areale tutt’intorno sono dislocate ben 57 targhe letterarie che fanno parte della rete internazionale de I Parchi Letterari, progetto animato con passione e competenza sul territorio da Claudia Baldin, coordinatrice del Parco Letterario Francesco Petrarca e dei Colli Euganei.
Si tratta di citazioni incise su targhe in ceramica o pietra che riprendono passi di opere di autori italiani e stranieri (non solo del Petrarca, dunque) che sono stati ispirati proprio dalla vista e dalle emozioni provate in questi luoghi. Ogni targa diventa così un punto di sosta, un invito a rallentare per lasciarsi attraversare da una frase, un’immagine, una sensazione. Un omaggio alla poesia, alla letteratura, ma anche un modo diverso di esplorare Arquà e i territori, lasciandosi guidare anche dalle voci che li hanno abitati attraverso i secoli. Qualche esempio? Da Ludovico Ariosto a Dino Buzzati, da George Byron a Percy Shelley fino a Ugo Foscolo, Niccolò Tommaseo e Andrea Zanzotto, per citarne alcuni.
Un borgo dolce dolce
Ciò che attira l’attenzione passeggiando per le vie di Arquà è la presenza di numerosi giuggioli, varietà arborea originaria dell’Africa settentrionale e della Siria che sui Colli Euganei ha trovato un habitat ideale. I frutti – simili a olive dal colore caldo, dolci come piccole mele – vengono raccolti sia lisci, sia nella tipica versione “raggrinzita”. Ad Arquà crescono praticamente in ogni giardino, parte di un paesaggio che unisce agricoltura familiare e tradizioni antiche. Ogni ottobre, nelle prime due domeniche, il borgo celebra la Festa della Giuggiola trasformandosi in un piccolo teatro medievale con bancarelle, artigiani, degustazioni e rievocazioni d’epoca.
Dal frutto (un vero “big fruit” poiché ricchissimo di vitamina C) nascono confetture, sciroppi, preparazioni artigianali e il celebre “brodo di giuggiole”, infuso che racconta la convivialità del borgo e che è possibile degustare presso l’enoteca “Il giuggiolo” a due passi da Piazza Petrarca. E c’è chi, invece, si è ispirato alle giuggiole per creare lo Spritz
Euganeo. Si tratta di Pino Cesarotto, oste e sommelier dell’enoteca di Arquà (sul retro dell’Oratorio della SS. Trinità), che ha ideato un aperitivo fresco, leggero e aromatico frutto del mix tra Fior d’Arancio DOCG, un liquore segreto di sua composizione, ghiaccio e una giuggiola sotto grappa. Ne è scaturito un prodotto assai gradevole capace di sposare una bollicina autoctona, ingredienti genuini, basso grado alcolico e il tocco originale della giuggiola.
Tra i custodi appassionati del patrimonio agroalimentare locale c’è l’Azienda Agricola Scarpon, realtà familiare che da oltre trent’anni porta avanti un’idea concreta di territorio: piccola produzione, qualità, filiera controllata e recupero delle varietà antiche. Qui ogni passaggio – dalla coltivazione al confezionamento – è manuale, un lavoro paziente che restituisce prodotti autentici: confetture di giuggiole, prugna e lavanda, corbezzolo; sottoli e sottaceti lavorati uno a uno; liquori tradizionali come il Brodo di Arquà Petrarca e l’Estregone, antico infuso d’erbe; fino all’olio extravergine d’oliva.
- Lo Spritz Euganeo, ideato da Pino Cesarotto, oste e sommelier dell’enoteca di Arquà_Ph. Marco Giovenco
- Alessandro Callegaro, dell’azienda agricola Scarpon, illustra i prodotti a base di giuggiola ed erbe del territorio. L’azienda è proprio di fronte all’ingresso di Casa Petrarca_Ph. Marco Giovenco
- Il liquore Brodo di Giuggiole, marchio storico che è possibile trovare presso le enoteche Il Giuggiolo e Burana_Ph. Marco Giovenco
- Giuggiole sotto grappa preparate dall’Azienda Agricola Scarpon_Ph. Marco Giovenco
Il pregiato olio extravergine dei Colli Euganei
E a proposito di olio EVO, il territorio dei Colli Euganei e di Arquà Petrarca custodisce una lunga tradizione olivicola. Le dolci colline e il clima mediterraneo creano l’habitat ideale per uliveti secolari, dove cultivar come Leccino, Frantoio e Pendolino esprimono al meglio le loro caratteristiche. Il risultato è un olio extravergine d’oliva equilibrato, dal gusto fresco di erba, carciofo e mandorla, con un leggero amaro e piccante che ne conferma la qualità e l’alto contenuto di polifenoli benefici. La raccolta, spesso manuale e precoce, consente la spremitura a freddo, preservando aroma,
nutrienti e proprietà organolettiche. Il Frantoio EVO del Borgo, tra gli storici della zona, coniuga tradizione e tecnologia. Le olive vengono lavorate entro poche ore dalla raccolta, con un’estrazione a freddo che garantisce delicatezza e conservazione dei profumi naturali. Il frantoio non è solo produzione: è un luogo di cultura, con visite guidate e degustazioni che raccontano la storia dell’olio, il legame con il territorio e i segreti della sua qualità.
Note antiche per un viaggio musicale nel tempo
Tra le colline di Arquà Petrarca si nasconde un luogo sorprendente: il Museo dei Pianoforti Antichi “Bartolomeo Cristofori”, ospitato nei saloni della Fondazione Musicale Masiero e Centanin. Una collezione rara, che riunisce una cinquantina di strumenti del Settecento e dell’Ottocento firmati dai più grandi costruttori tedeschi, inglesi, francesi e italiani. Il percorso espositivo abbraccia fortepiani, pianoforti a coda, a tavolo e verticali, alcuni dalle forme inconsuete e affascinanti. Una parte appartiene alla Fondazione, altri provengono da collezioni private: insieme raccontano l’evoluzione di uno strumento che ha cambiato la storia della musica.
Il termine “fortepiano” indica proprio la prima fase del pianoforte moderno, quando era ancora chiamato “gravicembalo che fa il pian e il forte” o “cembalo di martelletti”: definizioni che mettevano in evidenza la grande novità dell’epoca, ovvero la possibilità di modulare il volume, inesistente nel clavicembalo. Il museo non è solo una teca di memorie: grazie a restauri meticolosi, molti strumenti tornano a suonare e diventano protagonisti dei concerti organizzati dalla Fondazione, offrendo al pubblico l’emozione di ascoltare i timbri originali dell’epoca.
- Museo dei Pianoforti Antichi “Bartolomeo Cristofori” ad Arquà Petrarca_ph. Marco Giovenco
- Museo dei Pianoforti Antichi “Bartolomeo Cristofori” ad Arquà Petrarca_ph. Marco Giovenco
- Museo dei Pianoforti Antichi “Bartolomeo Cristofori” ad Arquà Petrarca_ph. Marco Giovenco
- Museo dei Pianoforti Antichi “Bartolomeo Cristofori” ad Arquà Petrarca_ph. Marco Giovenco
Sapori e ospitalità nei Colli Euganei
Tra sapori autentici e ospitalità diffusa, i Colli Euganei raccontano una tradizione che si rinnova ogni giorno. In questa terra modellata dal fuoco e dal tempo – le colline sono frutto di eruzioni vulcaniche sottomarine avvenute 35 milioni di anni fa – la cucina nasce dall’incontro tra prodotti semplici e un patrimonio agricolo millenario: bigoli tirati a mano, salumi artigianali, olio extravergine profumato di erba fresca, erbe spontanee raccolte nei boschi e dolci di memoria contadina come gli “zaeti” o il celebre “Dolce Riccio” della
Pasticceria Bacelle, simbolo di una dolcezza che parla il linguaggio della tradizione (il dolce è a base di farina di castagne e giuggiole). Le tavole euganee custodiscono l’anima di una cucina che non ha bisogno di effetti speciali: è fatta di corti rurali, paste tirate con il bigolaro, risotti alle erbette di stagione, polenta e funghi, frittate profumate di campo, carni alla brace. Al Ristorante “Al Bigolaro” di Galzignano, questa memoria prende forma ogni giorno, tra sughi d’anatra, soppressa, pane “schissotto” e calici di vini locali che raccontano il paesaggio attraverso profumi e mineralità.
L’esperienza dei Colli Euganei passa anche per la natura, vissuta con rispetto e curiosità. Casa Marina, il centro di educazione ambientale del Parco Regionale, offre un contatto autentico con il cuore verde dei colli: un osservatorio privilegiato sulla biodiversità, con un orto botanico ricco di specie autoctone, una banca delle piante locali e sentieri che conducono tra boschi, vigneti e punti panoramici. Qui si studiano gli ecosistemi, si organizzano laboratori e visite guidate, si cammina alla ricerca di piante spontanee e si ascolta il ritmo lento della natura. Casa Marina è un ponte tra il passato agricolo del territorio e la sua vocazione moderna alla sostenibilità, un luogo che racconta il modo in cui l’uomo ha saputo vivere e custodire questi rilievi vulcanici.
- Lisa Loreggian, giovane produttrice dei pregiati vini della zona dei Colli Euganei_Ph. Marco Giovenco
- Il Parco Regionale dei Colli Euganei è ricco di percorsi e sentieri ideali per trekking e bike. Sono frequentati in ogni stagione dell’anno, anche in inverno_Ph. Marco Giovenco
- Casa Marina, il centro di educazione ambientale del Parco Regionale, offre un contatto autentico con il cuore verde dei colli. Dispone anche di ostello e offre un laboratorio didattico per studenti_Ph. Marco Giovenco
- Casa Marina, il centro di educazione ambientale del Parco Regionale, offre un contatto autentico con il cuore verde dei colli. Dispone anche di ostello_Ph. Marco Giovenco
- Degustazione con i vini della cantina Terra Felice di Arquà Petrarca_ph. Marco Giovenco
- Andrea Cesarone, chef del ristorante Val Pomaro_Ph. Marco Giovenco
Tre tavole che raccontano il gusto del territorio
Il cuore dei Colli Euganei custodisce tre ristoranti che, ognuno a modo suo, raccontano il territorio attraverso cucina, accoglienza e paesaggio. La Montanella, storica insegna del borgo, nasce come osteria del dopoguerra e oggi resta un punto fermo della gastronomia euganea: tagliatelle all’anatra, baccalà alla vicentina, erbe spontanee e giuggiole sono il manifesto di una cucina che profuma di tradizione, accompagnata da una cantina ricca di etichette locali e da una terrazza che si affaccia sui colli.
A poca distanza, Tavern propone un’interpretazione più contemporanea della cucina veneta. Materie prime territoriali, ambiente curato e una carta dei vini costruita attorno alle produzioni dei Colli Euganei rendono l’esperienza equilibrata e raffinata, senza perdere il legame con la storia del borgo. L’atmosfera è accogliente, ideale per chi cerca una tavola elegante ma sincera.
Poco fuori dal centro, immerso tra vigneti e olivi, il Ristorante Val Pomaro offre una delle viste più suggestive della zona. In una villa circondata dal verde, propone una cucina che unisce creatività e radici locali, con un menù stagionale e una cantina ampia, attenta ai produttori del territorio. Qui la lentezza diventa parte dell’esperienza: un luogo dove fermarsi, respirare e lasciarsi accompagnare da sapori che parlano dei Colli Euganei.