Il carnevale e le maschere di Venezia hanno origini antichissime: il primo documento che testimonia l’uso di travestimenti è del 1094. Sempre in questo documento del Doge Vitale Falier compare per la prima volta il vocabolo “carnevale”. 

Alle origini il carnevale della Serenissima iniziava il 26 dicembre e terminava il mercoledì delle Ceneri. Erano sei settimane di costumi, cortei e feste per le strade; un lungo periodo in cui perdevano importanza l’identità personale, il sesso e la classe sociale di appartenenza. Ecco che il carnevale e la maschera diventarono in breve tempo la massima espressione della libertà e della trasgressione alle regole. 

Per limitare il decadimento morale dei veneziani, il governo cominciò a disciplinare l’uso dei travestimenti. La prima testimonianza di un divieto ufficiale alle maschere risale al 1268. Il documento vietava ai mattaccini (ovvero buffoni e giocolieri) di coprirsi il volto durante il gioco delle “ova”, che consisteva nel lanciare uova piene di profumo alle signore che passeggiavano nelle calli. A partire dal ‘300 le leggi per limitare l’uso delle maschere diventarono sempre più numerose: vennero vietate nei luoghi di culto, nelle case da gioco e alle prostitute. Con la caduta della Repubblica e l’inizio della dominazione austriaca, il carnevale entrò in una lunga fase di decadenza. Solo a partire dagli anni ’60 tornò in auge e oggi Venezia è di nuovo la capitale del carnevale per eccellenza, una festa che è un tripudio di colori e goliardia. 

Le maschere di Venezia

Tra le maschere storiche di Venezia ricordiamo la Bauta, la Moretta e la Gnaga. Indossata sia da uomini che da donne, la Bauta si compone di una particolare maschera bianca (larva) completata da un lungo mantello nero (tabarro). Veniva usata non solo a carnevale, ma anche durante le feste e gli appuntamenti galanti da chi voleva mantenere il totale anonimato. La Moretta era invece un travestimento indossato da molte donne, costituito da una maschera di velluto nero che si reggeva grazie a un bottone interno trattenuto in bocca. La Moretta non permetteva quindi nè di mangiare nè di parlare, e per questo i veneziani la soprannominarono “servetta muta”. Gli uomini che volevano impersonare figure femminili indossavano la Gnaga, costituita da indumenti da donna di uso comune e da una maschera con le sembianze da gatta. 

Maestri artigiani 

©Paolo Simoncelli

Oggi le maschere veneziane sono dei veri e proprio oggetti da collezione: possono essere appese al muro e tenute in esposizione. Vengono realizzate da maestri artigiani che utilizzano i materiali più diversi: ceramica, vetro, cristalli e cartapesta, come da tradizione. Da non perdere la bottega Cà Macana (Dorsoduro 3172), specializzata nella realizzazione di maschere artigianali dal 1984. L’atelier organizza incontri, conferenze e corsi pratici per chi vuole entrare in contatto con il mondo delle maschere veneziane. Cà Macana ha lavorato per importanti produzioni cinematografiche come Casanova ed Eyes Wide Shut.

 

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