L’8 giugno è una data speciale: è dedicata al luogo più grande del mondo, un insieme di luoghi che si sviluppano tutti… “s.l.m.”, dove in questo caso intendiamo sotto il livello del mare. L’8 giugno è infatti il World Ocean Day, la Giornata Mondiale degli Oceani, un’iniziativa che mette in rete tutto il pianeta e in particolare la parte più giovane della sua popolazione, perché all’indispensabile sensibilizzazione sugli argomenti e le problematiche segua un’azione di risposta alle minacce contro l’ambiente naturale.

World Ocean Day: un po’ di storia

Dolphins, Glengad, County Donegal
Delfini che giocano nelle acque del North Atlantic Ocean di fronte al villaggio di Glengad, situato nella penisola più settentrionale dell’Irlanda.

Corre l’anno 1992, siamo al Summit della Terra di Rio de Janeiro: su iniziativa del Canada viene lanciata l’idea di una giornata in cui tutto il mondo si dedichi ai temi legati agli oceani. Devono passare però dieci anni prima che The Ocean Project, un’organizzazione che catalizza l’azione collettiva dei giovani per un oceano sano e un clima stabile, esprima il coordinamento globale della Giornata mondiale degli Oceani: ciò porta nel 2003 alla creazione del sito che supporterà acquari, zoo, musei e altri attori a organizzare eventi in tutto il mondo. Si parte con venticinque eventi in quindici paesi, ed è già un successo. Parte una raccolta di firme a seguito della quale, alla fine del 2008, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite riconosce ufficialmente l’8 giugno come Giornata Mondiale degli Oceani. Da lì il percorso prende una nuova piega: i giovani sono sempre più al centro del progetto il cui carattere internazionale favorisce lo scambio di informazioni e il fiorire di condivisione d’idee e di progetti. Nel 2019 parliamo di più di duemila eventi in più di 140 paesi del mondo, tre anni dopo gli eventi sono più di 15.000. Cifre da capogiro, che mostrano come l’impegno senza frontiere dia i suoi frutti.

L’Oceano e l’Irlanda: un legame viscerale

099 Skellig Michael - Vista su Little Skellig
Da uno dei tanti belvedere di Skellig Michael la sagoma di Little Skellig appare in tutta la sua oceanica solitudine, tanto cara alle migliaia di uccelli marini che la popolano (foto di Adriano Savoretti).

In occasione di una giornata tanto importante salta agli occhi quanto stretto sia rapporto che ha l’Oceano con l’Irlanda, protagonista del servizio di apertura del numero di giugno di Itinerari e Luoghi – disponibile anche in formato digitale a soli €2,99 – proprio con il racconto della metà meridionale della Wild Atlantic Way, l’itinerario che percorre la costa occidentale dell’isola conducendo il visitatore tra borghi e campagne disegnate dai muretti a secco, castelli e scogliere magiche come le Cliffs of Moher (nella foto d’apertura), facendo tappa alle isole Aran e alle Skellig, paradiso degli uccelli marini.

Dolphins, Glengad, County Donegal
Il whale watching è una delle attività più entusiasmanti che si possono fare sulla Wild Atlantic Way.

Già osservando i dati sui cetacei si comprende come questo paese abbia un posto di tutta evidenza sulla mappa oceanica globale: ben 25 specie su 86 presenti nel mondo vivono nelle acque dell’isola di smeraldo. Ed è però guardando alla popolazione che si capisce qual è il ruolo del mare nello sviluppo umano, sociale e culturale: come riporta uno studio della Maynooth University quattro irlandesi su dieci vivano in una fascia costiera ristretta, dove con ciò s’intende entro cinque chilometri dalla battigia. Così, sempre più consapevole dell’importanza di proteggere l’Oceano, negli anni l’Irlanda si è progressivamente impegnata a mappare la biodiversità degli ecosistemi marini costieri e a sensibilizzare le persone in merito agli effetti del cambiamento climatico e alla necessità di proteggere flora e fauna marine. Insomma, l’8 giugno è una data particolarmente sentita dagli irlandesi, non solo come una ricorrenza ma come un’occasione per difendere e celebrare l’Oceano, quel grande luogo che mette in collegamento tutti i popoli del mondo.

Articolo precedenteYōkai, mostri e spiriti nelle stampe giapponesi
Articolo successivoPuglia? Di corsa!