‘Sono convinto che esistano al mondo persone nate in una patria che non è la loro e che soffrono di nostalgia per una terra che non hanno conosciuto. La casa dove vissero bambini, le strade dove giocarono, non hanno fascino per loro. Forse si tratta di un bizzarro fenomeno di atavismo che spinge alcuni individui, pellegrini erranti, verso i luoghi che i loro antenati abitarono secoli e secoli prima. ‘ A. Huxley

Questa frase di Aldous Huxley esprime in maniera perfetta il desiderio di movimento verso luoghi sempre più remoti, lontani nello spazio e nel tempo, che sin da bambino ha guidato Bruno Zanzottera e lo ha fatto sognare ad occhi aperti sopra atlanti e carte geografiche.

Zanzottera è uno dei principali autori di Itinerari e Luoghi oltre che tra i più noti e prestigiosi fotoreporter di viaggio ed etnografici che abbiamo in Italia.

Guardare sulle mappe le strade trasformarsi in piste fangose che si perdevano nel verde di foreste tropicali o sopra immense dune nel giallo del Sahara, osservare una pista che scorreva tra il deserto e l’oceano con la scritta ‘percorribile solo durante la bassa marea’ , era, per Bruno, come aprire uno scrigno pieno di tesori da scoprire.

Così a poco più di vent’anni, anche se ormai nel mondo non vi erano più spazi vuoti e inesplorati, come Conrad che da ragazzo sognava di visitare uno di quei luoghi, la scoperta del continente africano fu per lui una rivelazione.

La fotografia ne fu una conseguenza.

Come e quando é iniziata la passione per la fotografia ?

Da ragazzo iniziai ad essere affascinato da luoghi esotici e mondi lontani nello spazio e nel tempo. Acquistavo Atlante, la rivista geografica della De Agostini e sognavo di viaggiare in quei luoghi.

Contemporaneamente alla passione per il viaggio si sviluppò l’interesse per le immagini e la fotografia divenne il collegamento perfetto tra il piacere di viaggiare ed un lavoro che mi permettesse di farlo durante l’intero arco dell’anno.

Così raggiunti i 20 anni iniziai ad impostare i miei primi viaggi/reportage ed a proporli alle riviste, tra cui l’Atlante dei miei sogni adolescenziali.

La cosa funzionò e nel corso del tempo divenne un vero e proprio lavoro a dispetto di chi mi diceva ‘Sì fai le foto ma di lavoro cosa fai?’ .

Per un periodo  lavorai anche come assistente  in uno studio fotografico dove si realizzavano servizi di moda e still life per  imparare ad usare le macchine fotografiche di grande formato e le luci artificiali, ma ben presto mi resi conto che la mia vocazione era il fotoreportage.

A 23 anni partii per l’Africa e da allora non mi sono ancora stancato di viaggiare e fotografare. Nel corso degli anni il mio interesse si è anche spostato sulla fotografia sociale e sulle storie che stanno dietro l’attualità. Ho iniziato a scoprire l’altro e l’interessante anche dietro l’angolo di casa.

Sono nati così anche molti reportage con tematiche diverse dal viaggio e dall’etnografia esotica, ma il tema umano è sempre rimasto al centro del mio interesse fotografico.

Quale corredo usi ?

Attualmente lavoro con 2 corpi Canon Eos 5 Mark IV. Come obbiettivi utilizzo un 16/35 mm , un 24/70 mm , un 70/200 mm e saltuariamente un 300 mm. Di tutti questi l’obbiettivo che uso per la maggior parte dei miei scatti sono il 16/35 e il 24/70 perché come diceva Robert Capa ‘se le tue foto non sono abbastanza buone é perché non sei sufficientemente vicino al soggetto’.

Io non scatto fotografie di guerra, ma penso che sia fondamentale trovarsi dentro l’azione, essere circondati dall’immagine fotografica e non osservarla da lontano.

Comunque per quanto riguarda l’attrezzatura, penso che sia una delle cose di cui un fotografo si debba preoccupare di meno.

Oggi apparecchi mirroless hanno qualità e definizioni a livello delle migliori reflex e si possono scattare reportage pubblicabili anche con telefoni cellulari. La cosa più importante e l’occhio di chi guarda. Poter vedere cose che altri non riescono a notare e  a trasformarle in una buona fotografia

Preferisci b/n o colore ?

Non ho particolari preferenze. Certi reportage possono rendere al meglio in b/n perché tutto viene immediatamente più drammatizzato. Una foto scattata in un campo profughi ad esempio sembrerà molto più drammatica in b/n che a colori, ma dal mio punto di vista a volte diventa un espediente per cercare di rendere interessanti foto altrimenti anonime.

La mancanza di un elemento importante come il colore porta l’osservatore a concentrarsi completamente sulla composizione dell’immagine, sulle forme e sui contrasti.

Il nostro occhio percepisce gli oggetti a colori quindi vederli in b/n ci dà l’impressione di osservare cose da un punto di vista diverso.

Ci sono fotografi che hanno fatto del b/n il loro marchio di fabbrica ma io  non credo al luogo comune che vuole le immagini  in b/n  come l’essenza della fotografia artistica o di reportage.

Il colore ha la stessa capacità di rendere al meglio questo tipo di soggetti, importante é saperlo usare con sapienza senza farsi troppo influenzare dalle mode che un giorno richiedono lavori ultra/saturi ed il giorno seguente colori desaturati.

Commercialmente il b/n é difficilmente pubblicabile mentre funziona bene nelle mostre, ma questi sono solo dei cliché che ormai hanno perso ogni tipo di validità.

Per te la fotografia é arte o modo di comunicare ?

Non vedo differenze, l’arte é un modo di comunicare.

Se l’arte non comunica nulla a cosa serve. Gli artisti non sono tali perché riescono a mettere una bella immagine sopra un foglio di carta, ma perché quell’immagine riesce a comunicare delle emozioni ad un elemento esterno, perché con le proprie opere riescono a raccontare il mondo in cui viviamo, riescono ad anticipare i tempi e in qualche modo a far pensare la gente.

La fotografia rientra a pieno titolo tra le discipline artistiche, ma la differenza che viene fatta tra fotografia artistica e fotoreportage é una pura invenzione dei mercanti d’arte.

L’arte é una cosa e il mercato dell’arte un elemento che si muove parallelamente all’arte, ma del tutto indipendente dall’arte stessa.

Le sue regole sono quelle del commercio, della domanda e offerta che nulla hanno a che vedere con l’arte se non per il fatto che questo commercio permette agli artisti di vivere e continuare a creare.

Se potessi fotografare un luogo perfetto quale sarebbe per te ?

Più che di un posto perfetto da fotografare io parlerei di situazione perfetta. Tra i reportage più recenti che ho realizzato cito un paio di storie che mi hanno molto arricchito, soprattutto da un punto di vista umano.

La prima si é svolta in Olanda quando per una settimana ho seguito una ragazza colpita da sindrome di Down. Lize, questo é il suo nome, é una ragazza eccezionale sotto molti aspetti, è quasi completamente indipendente, lavora, fa l’attrice,  é testimonial di campagne fotografiche sulla sindrome di Down .

Il contatto con lei sprigiona una gioia di vivere contagiosa. Lo scorso anno si è sposata con un altro ragazzo Down ed è stato un onore essere il fotografo delle sue nozze.

La seconda si é svolta in India dove sono rimasto diversi giorni in una casa abitata da giovani donne che affittavano il proprio utero per donare figli a coppie sterili. Anche in questo caso il rapporto sviluppatosi con loro e la normalità con cui vivevano questo tema molto delicato mi hanno particolarmente colpito.

Ma potrei citare molte altre storie che mi hanno colpito e che potrei definire perfette da fotografare.

Sono invece molto scettico sul fotografare i luoghi particolarmente belli. Una volta mi sono trovato a realizzare un reportage sulla Venezia di Corto Maltese.

Fu uno dei lavori più complicati della mia carriera. La grande bellezza della città decadente rendevano tutto un déjà vu. Non fu per nulla facile riuscire a scattare delle foto originali.

Cosa cerchi in una fotografia ?

Una volta il direttore di un giornale mi disse  ‘Lei riesce a trovare il bello nelle situazioni drammatiche‘ . Fu il più bel complimento che ricevetti relativo al mio lavoro. Penso che risponda perfettamente alla domanda.

Svela un trucco della magia delle tue foto

Consigli tecnici per chi voglia riportare da un viaggio una serie di immagini che colgano l’essenza del proprio muoversi all’interno di altri mondi, non ne ho molti. Penso che esistano ottimi libri in proposito.

Alcune cose però credo siano importanti per chiunque sia in viaggio con un apparecchio fotografico al collo:  cercare di vedere le cose in modo diverso dalla prima inquadratura che vi verrebbe in mente, diventare osservatori invisibili quando vi trovate di fronte a situazioni intense e di per sé perfette, in cui cogliere il momento magico che può trasformare un’immagine banale in una carica di significato, oppure trasformarsi quando la situazione lo richiede, e diventare protagonisti creando immagini che stanno nella vostra testa, con la complicità dei soggetti ritratti.

Ma soprattutto, quando ci si trova a fotografare delle persone, è importante trasmettere un messaggio forte che faccia loro comprendere che potete condividere anche solo una piccola parte del vostro mondo ed assimilare alcune cose del loro.

Dimostrare che non siete  semplicemente degli alieni scesi da un fuoristrada per rubare una foto e fuggire verso la prossima immagine come per riempire un album di figurine.

Se non avete il tempo per tutto ciò e volete fotografare a tutti i costi questo o quel personaggio, non scandalizzatevi se vi saranno chiesti in cambio dei soldi, è una normalissima transazione commerciale di dare ed avere, comune in tutte le società, anche le più primitive e selvagge.

Poi se proprio devo dare qualche consiglio ho approntato una sorta di decalogo per chi voglia cimentarsi nel mondo del fotoreportage.

STUDIARE. Osservate le immagini dei grandi fotografi, cercate di capire come le hanno realizzate, ad esempio se hanno atteso molto per realizzare quella data foto o se è stato un incontro casuale. Studiate anche i grandi pittori Caravaggio ed il loro uso della luce.

PROGETTARE. Datevi un tema da fotografare, individuate uno scopo da raggiungere, un progetto. A medio o lungo termine, che tocchi uno o più luoghi. E seguitelo, facendo in modo che diventi il vostro obiettivo.

Elaboratelo a tavolino, individuando prima i luoghi dove volete scattare, o i soggetti, o gli appuntamenti che volete seguire. Fate anche una lista delle cose che volete fotografare.

ESERCITARSI. Certe immagini vanno perse per sempre solo perché non si ha la prontezza di fermarle, di cogliere l’attimo, e spesso per motivi tecnici, perché non si conoscono i principi base.

Conoscere bene la propria macchina, come funziona, le sue potenzialità, gli obbiettivi che si hanno a disposizione, significa non dover perdere tempo a sistemare il tutto ogni volta che dovete scattare.

VAGABONDARE. Andate a zonzo per la città, per il teatro, alla festa alla quale siete invitati (o non invitati). Bighellonate, entrate in stanze chiuse, sbirciate il dietro le quinte delle cose.

Tenetevi del tempo per vagare senza meta: le foto più belle arrivano spesso casuali e inaspettate.

USCIRE. Non state fermi. Uscite di casa quando il sole non è ancora sorto, al mattino, o quando sta tramontando la sera.

In queste ore la luce è più calda perché i suoi raggi attraversano una maggiore porzione di atmosfera; essa filtra la lunghezza d’onda della luce bianca ma non di quella arancione.

AVVICINARE. Non dovete essere timidi. Dovete avvicinare – senza essere invadenti – il soggetto che volete fotografare. Raggiungere con lui una certa intimità. A volte la differenza tra una foto normale e una bellissima foto sta proprio nella vicinanza al soggetto.

SPARIRE. L’ideale sarebbe essere invisibili, aggirarsi tra i soggetti che vogliamo fotografare senza essere visti, senza che essi si mettano in posa o si irrigidiscano, per cogliere le loro espressioni più spontanee e genuine.

Se questo è impossibile, non lo è invece cercare di calarsi nella realtà, mimetizzarsi, nascondersi, oppure al contrario trovare una tale sintonia con il soggetto che, talmente abituato a vederci, dopo un po’ non farà più caso alla nostra presenza. E’ un altro modo per rendersi invisibili.

ATTENDERE. Siate ostinati ma pazienti, se la foto non c’è vedrete che prima o poi arriverà. Basta cercarla costantemente, senza fretta. Sedetevi su una panchina e aspettate che gli elementi della vostra foto arrivino da soli, stando sempre pronti a scattare.

RACCONTARE. Fate in modo, se potete, che la vostra immagine racconti qualcosa, sia il simbolo di una storia, di un sentimento, di una passione. O semplicemente della noia del momento.

SPERIMENTARE. Studiate le regole base della fotografia ma non abbiate timore a infrangerle, regole assolute in fotografia non esistono. Sperimentate di tutto, nuove angolazioni, nuove luci e contro luci, nuove ombre, nuovi dettagli del soggetto, nuove condizioni metereologiche. Non accontentatevi della prima inquadratura, provatene altre.

RITORNARE. Se lo scatto non vi ha soddisfatto, tornate sul luogo, magari in altri momenti della giornata quando la luce è diversa, quando quel particolare monumento è illuminato diversamente, quando una festa rende dinamica una piazza altrimenti insipida.

Ma soprattutto non fate diventare il vostro viaggio una ricerca isterica della foto più bella, della luce più giusta, vi perdereste buona parte del piacere di conoscere luoghi e personaggi e molto probabilmente anche le immagini più interessanti.

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