Nelle opere di Stefania Pinsone la vita sembra che ci imponga di vedere immagini, corpi, immobilità e confini, il mondo è indaffarato nel proporci indefinibilità, sfumature, transizioni e transitorietà. Grazie alle parole di Roberto Papini scopriamo questa geniale artista romana (nella foto di apertura l’opera “Dream Machine”).

La ricerca spasmodica sui materiali, studiati con cura quasi maniacale, un’esecuzione perfetta, alla Benvenuto Cellini, e un effetto ipnotizzante sulla nostra mente. Sono queste le prime sensazioni che si provano guardando le opere di Stefania Pinsone, nata a Roma e con un backround culturale di altissimo profilo. Il carattere dell’artista è perfettamente inquadrato dalle parole di Roberto Papini, architetto e maître-à-penser dello spazio Art 159 in via Marsala 1 a Milano, dove le opere della Pinsone sono esposte.

Golden isolationism: La grande sfera dell’isolazionismo è compressa da pareti con nicchie verticali. Questa sfera appare in molte altre opere dell’artista come una costante, ma qui la sfera è in primo piano, davanti ai nostri occhi con la sua struttura a fasce rotanti che mostra il suo interno, tra una rivoluzione e l’altra. Intorno al perimetro c’è una luce intensa, accecante come un sole metallico. Sembra un’astronave kubrickiana che si muove nei territori della connettività cerebrale.

“Guardando le tele di Stefania Pinsone”, spiega Papini “il mio pensiero è influenzato dalle sue visioni; è la forma che spacca i confini della realtà, mi porta fino all’inizio dell’Universo. Vedo una visione più complessa dello spazio, una dimensione illusoria dei suoi disegni; realtà che tecnicamente dovrebbero essere estranee al loro spazio figurativo. Le sue opere mi riportano alla scienza, alla matematica e alla fisica; apprezzo il suo uso razionale di poliedri, distorsioni geometriche e interpretazioni originali di concetti appartenenti alla scienza, sovente per ottenere effetti paradossali. Una donna che è più simile a un matematico piuttosto che a un artista, e che tramite la sua produzione ha fatto coincidere questi due mondi apparentemente opposti.

The Calling: È una rappresentazione simbolica del nostro tempo: l’umanità che vive al pianterreno, un oscuro paesaggio labirintico pieno di porte impossibili e abbaglianti, scale e ambienti che non portano da nessuna parte, se non a un primo piano in cui una luce innaturale, quasi spirituale, sembra chiamare e conduce verso una possibile uscita nel cielo. La superficie metallica dorata è interamente dipinta, solo lo spazio della luce sopra è non dipinto, con un effetto affascinante e brillante.

Scale, specchi, illusioni ottiche. Nietzsche diceva che se si guarda troppo a lungo nell’abisso, alla fine l’abisso guarda dentro di te. Ed è proprio questo che succede quando ci sporgiamo a guardare giù in queste opere, giù nella mente di Stefania Pinsone. Questo è ciò che ci viene in mente quando pronunciamo il nome di Stefania. Ma cosa c’è dietro questa solida struttura? Cosa si nasconde nelle ombre degli archi, nell’oscurità introspettiva della sua arte? Che cosa si nasconde dietro queste vertigini che ci colgono, in bilico sulle sue tele?

Atlantis: Ideato ed eseguito durante il lockdown, partendo da un progetto precedente. Gli effetti sono visibili: la perdita della civiltà come metafora della perdita di prospettiva nell’approccio razionale allo spazio umano, ma tutto nell’estetica sublime della decadenza.

Nelle opere di Stefania Pinsone la vita sembra che ci imponga di vedere immagini, corpi, immobilità e confini, il mondo è indaffarato nel proporci indefinibilità, sfumature, transizioni e transitorietà.

Closed Circuit.

Le sue creazioni sono la rappresentazione stessa della nostra mente: come un divenire per scoprirsi sempre naufraghi. “Metamorfosi” è la parola corretta per definire le opere di Stefania Pinsone, o forse per descrivere Stefania stessa. Meglio ancora, “Metamorfosi” è la parola perfetta per descrivere Stefania che diventa un’opera di Pinsone; l’autore che diventa personaggio, l’inerte che diventa vita, il caos che diventa significato.
Prospettive infinite di architettura, cerchiamo di tenerci in equilibrio ma stiamo già cadendo, precipitando nella tromba delle scale immaginarie, fluttuando nel vuoto abissale fino a sussultare, come quando si cade in un sogno e ci risvegliamo di soprassalto col cuore che scalpita.

Death of Myth: Qui lo scudo della dea Atena mostra il disegno di un antico scudo persiano sullo sfondo. Ma al posto della testa della Gorgona Medusa (come di consueto nell’iconografia tradizionale) c’è quella di Catwoman che urla verso di noi. I valori orientali e quelli occidentali si fondono e di confrontano.

Le strutture e le architetture in apparenza semplici ti catturano lo sguardo che ci porta presso popoli antichi e moderni in un viaggio continuo, facendoti perdere la concezione dell’equilibrio, del tempo, del vuoto e della confusione, per poi lasciarti da solo con quell’inquietudine ignota, con quella sensazione venuta dallo spazio. È una metamorfosi che non si ferma mai, un circolo vizioso che riparte e riporta sempre alla stessa illusione di evadere dal quotidiano. Se fissiamo troppo a lungo un’opera di Stefania Pinsone, finiamo per diventare noi stessi illusione: prendiamo con forza la luce di un meccanismo, di una vita priva di avventura, monotona e bizzarra a rincorrere noi stessi e l’eterno ritorno”.

Info

e-mail: arting159@gmail.com

numero whatsapp: +39.342.6904173

Stefania Pinsone.

 

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