Approfittando della II edizione della Borsa del Turismo Incoming Veneto tenutasi a fine maggio, abbiamo potuto apprezzare la città di Monselice. Ho avuto l’ennesima conferma di come ancora non conosco, ne forse conosciamo, completamente il nostro territorio; affascinati ed attratti da mete lontane che spesso sono meno importanti dal punto di vista storico culturale rispetto a tante nostre cittadine italiane.

Monselice è una di queste.

Inserita nella splendida cornice dei colli Euganei, Monselice (fin dall’antichità importante snodo militare proprio per la sua particolare collocazione tra le pendici di due colli: quello della Rocca (anticamente Mons silicis) e il monte Ricco)ci ha accolto a fine maggio con la manifestazione della  “La rocca in fiore” evento in cui la tutto il centro città si colora di splendidi fiori.

Strade piene di fiori per la manifestazione La Rocca in Fiore

Essere poi accolti fra squilli di trombe e rulli di tamburi sulla strada del castello dai rappresentanti delle varie contrade ci ha fatto fare un salto indietro nel tempo.

 

 

 

 

 

Tutta la città si sta preparando per l’appuntamento dell’anno, e cioè la Giostra della Rocca, che si terrà dall’8 al 17 settembre 2023 e che, nata nel 1986 per l’impegno profuso da Virio Gemignani e Filippo Menarini i quali cominciarono ad elaborare l’idea di organizzare una gara equestre e un corteo in costume, è giunta alla 38 edizione.

Alcune delle 9 contrade per una grande Giostra della Rocca

Un po di storia

La Giostra della Rocca si ispira alla visita di Federico II a Monselice nel 1239.  L’imperatore, giunto da Vicenza, venne accolto trionfalmente a Padova, dove per alcuni mesi fu ospite del monastero di Santa Giustina. In questo periodo passò a Monselice e, colpito dalla posizione strategica del colle della Rocca, ne ordinò la fortificazione con mura, torri e bastioni, affidando i lavori all’alleato Ezzelino III da Romano. Proprio Ezzelino è un altro dei personaggi chiave: il tiranno, con un astuto stratagemma, nel 1249 si insediò in città con i suoi uomini, assumendo il controllo della fortezza. Tra i protagonisti del passato rievocati dalla Giostra si ricorda anche il cardinale monselicense Simone Paltanieri. Anche lui vissuto nel Duecento, svolse l’incarico di legato papale in Umbria, Toscana, Lombardia e Veneto. Prese parte inoltre al conclave del 1268-1271, famoso per essere stato il più lungo di sempre.

La Giostra della Rocca è vissuta con grande trasporto dagli abitanti delle contrade locali, che si spendono con generosità per presentarsi al meglio alle sfide proposte.

Il programma della Giostra, prevede infatti diverse competizioni: il torneo di scacchi, la gara di tiro con l’arco e quella delle macine, la staffetta, la tenzone, il mercatino medievale, il corteo storico e la Quintana, che è l’evento principale e coinvolge le 9 contrade della città (Ca’ Oddo, Carmine, Marendole, Monticelli, San Bortolo, San Cosma, San Giacomo, San Martino, Torre). Alla contrada vincitrice verrà consegnato il Palio che consiste in drappo dipinto dall’artista Luciano Zambolin.

Cos’altro vedere

Visitando il centro cittadino s’incontrano da subito l’antica Torre civica e il Castello, fortezza risalente all’alto Medioevo, ristrutturato da Ezzelino da Romano e ampliato dai Carraresi.Con la conquista veneziana il  Castello fu acquistato dalla famiglia patrizia dei Marcello, che ne completò la trasformazione in residenza. In epoca contemporanea fu riportato al suo passato splendore dal conte Cini, che lo arricchì con preziose collezioni di mobili, armi e suppellettili antiche. Assolutamente da visitare offre nelle varie stanze un panorama dei costumi dell’epoca, compresi quelli dei cavalieri con le loro armature da difesa (pesantissime) e da cerimonia e le varie armi utilizzate in epoche lontane.

Una splendida sala interna del Castello di Monselice

Molto suggestivo il percorso del Santuario Giubilare delle Sette Chiese, inserito nel complesso monumentale di Villa Duodo, nobile veneziano che aveva già edificato in questo luogo la propria residenza, con annessa cappella privata. Nel 1605 egli ottiene da Papa Paolo V il permesso di edificare ed intitolare le chiese come le sette maggiori basiliche romane, ottenendo il medesimo privilegio dell’Indulgenza Plenaria.

E’ un percorso che si compone di 6  cappelle poste una accanto all’altra mentre la settima, la Chiesa di San Giorgio, si raggiunge con una passeggiata di circa un chilometro.Il complesso, realizzato dall’architetto Vincenzo Scamozzi, rappresenta la Città Santa in miniatura, a cui si accede tramite un portone monumentale sormontato dalla scritta “Romans Basilicis Pares”, che introduce alla via romana;non è caso che ognuna delle sei cappelle di Monselice porta il nome di una basilica romana: Santa Maria Maggiore, San Giovanni in Laterano, Santa Croce in Gerusalemme, San Lorenzo fuori le mura, San Sebastiano e Santi Pietro e Paolo.

La chiesa di S. Giorgio conclude e racchiude il significato di tutto il percorso devozionale. Qui nel 1651 furono portati da Roma i corpi di tre martiri e numerose reliquie. L’arrivo di nuove cospicue reliquie nel 1713 induce la famiglia Duodo ad aggiungere a fianco della chiesa un vero e proprio santuario in cui conservare i Corpi Santi.

 

Poco più avanti rispetto alla Chiesa di San Giorgio si può ammirare Villa Duodo, oggi sede del Centro Internazionale di Idrologia dell’Università di Padova.

Sulla sommità del colle si conservano i resti del Mastio Federiciano, l’imponente torrione che sovrasta la città voluto dall’imperatore Federico II di Svevia.

Il monumento religioso più rappresentativo della città è l’antica Pieve di Santa Giustina, che fu sede del Canonicato di Francesco Petrarca. Costruita in stile tardo romanico e abbellita da elementi decorativi gotici conserva un pregevole polittico di Paolo Veneziano.

A pochi chilometri da Monselice merita una visita il borgo di Arquà Petrarca (PD) che deve il suo nome al poeta toscano che qui decise di trascorrere gli ultimi anni della sua vita e che qui fu sepolto. Oggi è possibile visitare la sua Casa divenuta un museo, mentre i suoi resti sono custoditi in un’arca di porfido rosso che si innalza sul sagrato antistante l’antica chiesa.

 

Se vi fermate ad Arquà la delizia si chiama “giuggiola”, tanto buona essere utilizzata in un antico detto “andare in brodo di giuggiole”, utilizzato per indicare uno stato d’animo di grande soddisfazione e godimento.

Da assaggiare dunque la marmellata o la rosegota con le giuggiole o il liquore “Brodo di giuggiole”, un infuso naturale dalla gradazione mediamente alcolica e dal gusto dolcemente avvolgente.

Arquà ha fatto della giuggiola il frutto simbolo del proprio territorio, e alle sue piantagioni è dedicata una grande festa che si tiene ogni anno all’inizio del mese di ottobre.

testo a cura di Ugo Cisternino

 

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