Il Padiglione 6 del vecchio manicomio di Roma e il Museo Condominiale di Tor Marancia, le mille anime del Quadraro e i murales di Blu: Cappelle Sistine en plein air, puntate contro il cielo.

di Paolo Simoncelli

OSTIENSE. MURALES VIA DEL POORTO FLUVIALE, BLU

ITINERARIO (in auto o con mezzi pubblici)

  • Punto di partenza:  Stazione Termini
  • Punto di arrivo:  Murales Ponte Mammolo (Rebibbia)
  • Note: Da anni la street art ha invaso Roma, una delle città europee con la più alta densità di aree dedicate. Murales di ogni dimensione sono disseminati a macchia di leopardo nelle periferie: impossibile esaurire l’argomento in un solo itinerario. Proponiamo uno dei tanti percorsi possibili: abbiamo individuato 5 distretti per il loro significato artistico e storico-sociale.

Naturalmente l’itinerario si può percorrere in auto. Abbiamo però scelto di farlo coi mezzi pubblici. È più complicato ma libera dalla schiavitù dell’auto e dei  parcheggi.  Si parte dal più abituale punto di arrivo a Roma: la Stazione Termini.

HIGHLIGHTS

  • Il Museo Condominiale di Tor Marancia

Fino a qualche anno fa nel lotto 1 di Tor Marancia, una delle più anonime borgate di Roma, c’erano undici case popolari risalenti agli anni ’40. Non ci veniva mai nessuno. La sua storia risale alla riqualificazione urbanistica della capitale voluta agli inizi degli anni ’30 da Mussolini. Per creare via della Conciliazione infatti e “bonificare” il centro città, fu abbattuto l’alveare di case intorno a San Pietro.

Bisognava però trovare una nuova abitazione agli sfrattati.

E così, sul preesistente substrato di baracche di legno e muratura, senza luce e servizi igienici, nacque Tor Marancia. C’è un racconto che inquadra bene le atmosfere di quegli anni, il Pupo di Alberto Moravia. Lo scrisse nel 1954, lontano anni luce dal pensare che la borgata, allora infestata dalla tubercolosi, sarebbe diventata una delle capitali della street art romana.

  • Nomi di fantasia

Non sono pochi i murales battezzati dalla fantasia degli abitanti. E dai loro “stili” di vita. L’artista tedesco Satone per esempio, ex imbrattatore di metropolitane, non sapeva nemmeno lui come chiamare l’opera che stava realizzando. Fino a quando due inquiline incominciarono a parlare tra loro, una al terzo e l’altra al quinto piano. E lui stava in mezzo. Non la finivano più.

È così che Satone ha partorito “Cascata di parole”, uno dei 22 murales del Museo Condominiale. Nemmeno l’astrattista milanese Moneyless sapeva come chiamare il suo murales, una pioggia di fluttuanti bastoncini blu e gialli. Finché qualcuno dal basso gli gridò: ”Cos’è il vento?” “Sì” rispose. Subito dopo battezzò l’opera: “Il vento”. “Veni, Vidi, Vinci” invece è la frase di Giulio Cesare storpiata per onorare Leonardo.

  • Il lotto 1

È qui, all’ombra di altissimi pini marittimi, su muri fatiscenti e vecchi padiglioni, che diversi artisti hanno creato decine di commoventi murales: Carlos Atoche, Carlo Lommi, Beetroot, Tina Loiodice, Roberto Farinacci, Jerico. Tutti ispirati dalla sofferenza. I murales sulla facciata del padiglione 6 in particolare, sede del Museo della Mente, sono opera di Luis Gomez Teran. I matti sovvertono i punti di vista, cambiano le prospettive. In un mondo che decide tutto per noi finalmente qualcuno che si ribella: i matti.

  • Un’antenna in cerca dell’essere umano

Il quartiere del Quadraro, invece, costruito agli inizi del ‘900 dagli emigrati del sud Italia arrivati a Roma in cerca di lavoro, è oramai l’unico dove sopravvive lo spirito popolare di un tempo. Infatti, qui la visita ai murales s’intreccia con la vita dei romanzeschi personaggi che ci vivono.

Siamo a due passi da Cinecittà e un tempo i registi venivano qui a cercare “maschere” popolari da inserire nei film neorealisti. Non c’era che l’imbarazzo della scelta.

QUADRARO, ROBERTA SANGES DAVANTI AL SUO STUDIO

Oggi, ad esempio, c’è il laboratorio di Roberta Sanges, artista impalpabile e geniale. Tra un tè orientale preparato sul fornelletto e l’altro, la sua mente è perennemente impegnata nella “ricerca dell’essere umano”.

  • Visite Guidate e Street Art

Le visite guidate ai murales delle varie borgate sono sospese per emergenza coronavirus. In attesa di una riprogrammazione riportiamo nomi e siti di Associazioni che organizzano itinerari  guidati di street art e sono impegnate nella sua valorizzazione. MU.Ro/ Museum Urban Art Roma, circonvallazione Casilina 62-64, tel. 06.45651130, www.diavu.com (David Diavù Vecchiato). Associazione Tuscola, tel. 371.1423882, www.tuscola.it (visita guidata murales del Quadraro). 999Contemporary, tel. 327.6603496, www.999contemporary.com. Museo Ex Mira Lanza, Tito, tel. 351.0317563. Associazione Sinopie, piazza Margana 39, tel. 06.96526460/388.3531375, www.sinopie.it. Associazione Radici, via Tuscolana 1343, tel. 329.1755086, www.radiciassociazioneculturale.it (visite guidate anche in LIS, la lingua dei segni per non udenti; eventi al buio per non vedenti). Le visite guidate di Chiara (Chiara Proietti), tel.335.6747268, pagina FB, info@chiaraproietti.it. Roma a Piedi, www.romaapiedi.com

INFORMAZIONI UTILI

DOVE DORMIRE

  • Quadraro: Hotel Arco di Travertino, via Valgia Silvilla 71, tel. 06.78359142, www.hotelarcoditravertino.it: vicino alla metro omonima, dimora stile liberty di inizio ‘900 immersa in un giardino
  • Zona Ostiense: B&B A Casa di Barbara, via del Gazometro 35, tel. 347.9000797. B&B Emozioni Romane, via dei Conciliatori 3i, tel. 346.7948974, non lontano da Piramide, ambienti moderni-eleganti. B&B Piramide, via F.Nansen 88, tel. 335.6657732, www.bbpiramide.it: stanze allegre e colorate
  • Tor Marancia: Tre R b&b, Via C.T.Odescalchi 8 (650 m dal Museo Condominiale), tel. 346.7051930, ambienti accoglienti e immacolati, camere ampie ed eleganti.

DOVE MANGIARE

CONTATTI UTILI

  • Street Art Roma: applicazione di Artribune, www.artribune.com (guida digitale per dispositivi mobili con info e geolocalizzazione dei più bei murales di Roma). Turismo Roma, www.turismoroma.it

NOTE DI VIAGGIO

La tela più grande del mondo

Un giorno al curatore d’arte Stefano Antonelli, fondatore dell’Associazione Contemporary 999, balenò un’idea.

Quelle case tutte uguali erano alte quindici metri. Muri di 145 metri quadrati completamente bianchi: la “tela” più grande del mondo. Quale miglior tavolozza per un artista in vena di ispirazione? Così ne furono chiamati una ventina, da ogni angolo del pianeta. E a ognuno fu chiesto di ricoprire di murales le palazzine.

Riqualificare la periferia: colorare lo squallore. Si perché se al mattino spalanchi la finestra e, anziché un muro grigio, vedi la mano di Michelangelo che sfiora un ramo di pesco o delle balene nuotare tra fili del bucato e antenne televisive, forse affronti la giornata con uno spirito diverso.

Se vedi il bello intorno a te insomma, può darsi che incominci a cercare solo quello. L’arte come strumento di interazione con la quotidianità. Per modificarla e forse renderla migliore. Era questo il messaggio. La terapia è servita.

Oggi gli inquilini del Museo Condominiale di Tor Marancia sono più rilassati, aperti. E così chi arriva in visita, oltre ad ammirare l’arte, interagisce con loro.

C’è sempre qualcuno disposto a raccontare storie sui murales e gli artisti che hanno lavorato qui un paio di mesi. Vi diranno che quando arrivarono per allestire i ponteggi davanti alle case, furono visti come alieni, soprattutto dagli anziani.

“Chi siete?” dicevano, “andate via”. Poi però mentre i murales prendevano forma, incominciarono a coccolarli quei “ragazzi perennemente sporchi di vernice con tanta luce negli occhi”. Gli artisti lavoravano all’altezza delle finestre e ogni giorno vedevano quello che succedeva negli appartamenti. Insomma erano diventati parte della famiglia. Gli inquilini li invitavano. Offrivano loro un panino, una birretta, due chiacchiere. E davano consigli. “Io farei questo”, “io lo chiamerei così”.

L’autobus 35 e il Padiglione 6

Non basta ovviamente l’arte per cambiare la vita.

Però ha portato una ventata di bellezza. Insomma oggi la gente qui ha le pile più cariche. Succede agli abitanti ma anche a chi arriva in visita: oramai il Museo di Tor Marancia, e in genere la street art romana, stanno entrando sempre più frequentemente nelle agende di visita.

Il lotto 1 è dunque diventato un luogo di relazione.

Se solo pochi anni fa aveste detto a un shangaiano che sarebbero arrivate frotte di turisti col naso all’insù, impegnate a commentare dei “segni” sui muri allontanando pochi di buono come nemmeno le forze dell’ordine erano riuscite a fare, sarebbe stato imbarcato sull’autobus 35.

È un numero molto importante il 35. Per esempio c’era l’Associazione Tor Marancia 35. E inoltre alcuni ragazzi del quartiere si sono tatuati proprio questo numero. Giovani che si definiscono matti della borgata.

Si perché il 35 era l’autobus che portava in un luogo emarginato alla periferia nord di Roma: il manicomio di Santa Maria della Pietà, il più grande ospedale psichiatrico d’Europa.

SANTA MARIA DELA PIETA’, LE COSE CHE NON SI VEDONO, GOMEZ DE TERAN

Inaugurata da Re Vittorio Emanuele il 31 maggio 1914, l’immensa struttura in un parco di 40 ettari, è oggi un insieme di padiglioni sospesi tra recupero e degrado. Le pareti sono mute ma se parlassero non la finirebbero più di raccontare le storie di emarginazione che hanno visto: sono stati migliaia i malati psichiatrici internati qui, trattati in modo disumano, anche il pittore Mario Schifano e la poetessa Alda Merini.

SANTA MARIA DELLA PIETA’, MURALES ALDA MERINI

Quando però sono arrivato davanti al Padiglione 6, ho subito provato ammirazione anche per l’artista che li ha raffigurati: in una metà del muro la loro tragedia e in quella di fianco la resurrezione. Grazie a Gomez li ho sentiti gridare. E poi venirmi incontro, non per esplodermi contro la rabbia ma per mettermi a mia agio, accogliermi nel loro mondo.

Da una parte volti grotteschi, sfigurati, mani aggrovigliate come rami. E dall’altra espressioni sognanti, delicate, dita come petali: la nuova vita. Come ha fatto Gomez a consegnare le loro anime a un muro? Vuoi vedere che era uno di loro? Mentre fissavo le figure sentivo le grida di chi era sottoposto all’elettroshock, prassi abituale nella “città dei matti”, legato ai letti senza possibilità di movimento e infine sedato per ridurlo a un vegetale.

SANTA MARIA DELLA PIETA’, LE COSE CHE NON SI VEDONO, GOMEZ DE TERAN

Dopo la visione, il Museo della Mente nello stesso padiglione è la chiusura del cerchio. Racconta la storia del manicomio con reperti d’epoca, installazioni interattive, il deposito del manicomio, la stanza del medico. Ma lo dico per sentito dire perché non mi hanno dato il permesso di fotografare e così come avrebbe fatto uno dei matti di buon senso che “abitava” qui, non sono entrato.

Il Blu degli abusivi e le Cappelle Sistine

Poi andate nel quartiere Ostiense, dove una lunga camminata all’ombra del Gazometro, vecchia e cara icona dell’archeologia industriale romana, vi permetterà di osservare alcuni dei più interessanti murales della città.

Prima o poi arriverete al grande murale di Blu, duemila metri quadrati, che si dispiega sulle lunghissime pareti dell’ex Caserma dell’Aeronautica Militare: un insieme di elementi decorativi dove stipiti e cornicioni sono parte integrante dell’opera.

E poi occhi e bocche di mostriciattoli che sono le porte e le finestre dell’edificio: una terra di nessuno, un Fronte del Porto dichiarato inagibile nel 2003 e occupato nel 2009. Ci abitano centinaia di persone, abusivi di varie etnie che hanno sponsorizzato l’opera, la quale però non ha mai avuto un avvallo ufficiale: e infatti anche questa è abusiva.

PONTE MAMMOLO, BLU, CAPITA

Non per nulla il messaggio di Blu, ignoto street artist considerato tra i migliori dieci al mondo, paladino dei più deboli e nemico dei potenti, riguarda proprio il problema dell’occupazione, dei senza tetto: la “lotta” per la casa insomma.

Come ogni angolo dell’edificio, il  portale d’ingresso, aldilà del quale forse si nasconde la Città di Smeraldo del Mago di Oz, è un puzzle di colori e di fantasiosi particolari: strane piante, sfere, cubi, spirali, un grande cuore.

PONTE MAMMOLO, BLU, SPIRALE DELLA STORIA DELLA TERRA

Si apre ogni tanto per far passare una variegata umanità ma non avrei battuto ciglio se avessi visto spuntare l’uomo di latta o Glinda con la bacchetta magica. Questo però è nulla al confronto dei tre murales che il misterioso artista, forse marchigiano, ha realizzato a Ponte Mammolo, in borgata Rebibbia: straordinarie “Cappelle Sistine” en plein air affollate di dettagli e figure.

Tappezzano facciate di palazzi che arrivano al cielo: un lavoro titanico.

Va detto che l’ex Caserma di via del Porto Fluviale è perennemente assediata dal traffico e dunque l’opera di Blu ha perso negli anni forza e colori delle origini. Comunque resiste. A dargli manforte è entrato in azione nel 2018 il gigantesco uccello “ecologico”che occupa la facciata del palazzo di fronte.

Più che di un murale si tratta di un “depuratore” alto cinque piani con una estensione di 1000 metri quadrati.

Si chiama Hunting Pollution “e raffigura un airone tricolore con un pesce nel becco. La particolarità è che è stato realizzato con una tecnica particolare, la pittura Airlite.

Il murale anti smog cioè, utilizzando una “eco-vernice”, con un processo simile alla fotosintesi, è in grado di captare e distruggere le sostanze inquinanti, formaldeide, benzene, ossido di azoto.

Detto meglio: colpita dalla luce, la vernice libera molecole ossidanti che trasformano gli agenti tossici in innocui sali minerali. Dodici metri quadrati del murales annullano l’inquinamento di un’automobile in una giornata.

Per chi ama la street art in ogni caso, il quartiere Ostiense è una tavola imbandita. Murales al posto dei manifesti pubblicitari.

Muri che non dividono ma uniscono: invitano al dialogo, alla riflessione.

Ogni volta che giri l’angolo trovi sorprese.

UNIVERSITA’ ROMA TRE, LA LUNA (FRANCOIS MILLET), DAVID DIAVU’ VECCHIATO

Io sono entrato all’Università di Roma Tre per ammirare i murales cinematografici di David Diavù Vecchiato.

TESTACCIO, CENTRO CULTURAKLE ARARAT (CURDI)

Ho visto le inquietanti, segaligne figure in bianco e nero di Herbert Baglione e poi, al Centro Culturale Ararat, ho osservato Stefano Salvi armato di bombolette spray mentre stava approntando una serie di murales in onore del popolo curdo: una divinità persiana, Ochalan, il PKK e poi Hevrin Khalaf, l’attivista curda  uccisa il 12 ottobre 2019. Gli ho proposto un “rigurgito d’arte” anche nei confronti dei Saharawi, l’altro popolo dimenticato.

E lui ha accolto l’idea con entusiasmo.

Eccolo un altro punto a favore della street art: toglie il velo a parti del mondo di cui nessuno parla mai. Poi ho percorso gli irreali paesaggi che circondano il Gazometro col suo lunghissimo muro perimetrale pieno di graffiti. Ho anche attraversato il ponte di fronte dato che li vicino si trova l’ex fabbrica della Mira Lanza dove dal 1899 al 1957 si faceva sapone.

Ero in cerca del “paesaggio reinventato” che l’artista francese Julien Malland, in arte Seth, invitato dallo stesso Stefano Antonelli, ha realizzato alcuni anni fa tra le fatiscenti strutture ridotte a scheletri.

E anche di Tito, il rom “custode” del sito che vive qui insieme alla famiglia. Tito fa visite guidate a murales e installazioni della pericolante struttura. Il problema è che è un rom “raccoglitore” e quindi è sempre in giro per mercati.

E non risponde mai al telefono.

Inoltre al mio passaggio il luogo, dal fascino inquietante e decadente, era in parte assediato da una fitta, impenetrabile vegetazione. “Bisogna fare un percorso un po’ complicato ma ci si arriva”, mi ha spiegato Stefano, che ogni due settimane va a controllare la situazione della decrepita “scatola” farcita d’arte. “L’unico caso al mondo”, dice, “in cui sono le opere a proteggere il contenitore e non il contrario”.

L’ITINERARIO

Dalla stazione Termini prendete la linea A fino al capolinea Battistini. Attraversate la strada e salite sull’autobus 907 (fermata Bonifazi-Battistini). Dopo 18 fermate scendete alla fermata Trionfale-Santa Maria della Pietà.

Da qui in 5-10 min a piedi arriverete all’ex Manicomio di Santa Maria della Pietà immerso in un grande parco. I murales di Luis Gomez Teran e il Museo della Mente fanno parte del Padiglione 6. Tornati a Termini, prendete la linea B fino a Laurentina e poi il bus 30 Ex fino alla fermata Colombo-Agricoltura in piazza dei Navigatori (7 fermate), al cospetto del Palazzo della Regione Lazio.

Da qui arrivate in 500 metri in viale Tor Marancia e all’omonimo Museo Condominiale.

Si tratta dei 22 giganteschi murales creati nel 2015 da artisti provenienti da dieci diversi Paesi. La prima monumentale opera si trova sopra un negozio di frutta e verdura.

TOR MARANCIA, BAMBINO REDENTORE, SETH

Un murales commovente per il messaggio che racchiude: “Il Bambino Redentore” infatti, commemora il piccolo Luca morto per una caduta mentre giocava qui, nel quartiere. L’artista parigino Seth l’ha rappresentato con l’aureola, in punta di piedi, su una scala colorata che lo innalza oltre un muro immaginario.

È di schiena con le braccia appoggiate al bordo tra il terzo e il quarto piano del palazzo e fissa l’orizzonte.

A sinistra trovate subito il murales Shangai (simbolo della borgata) e di fianco Il Peso della Storia, l’altro gigantesco murales, due lottatori mascherati, dell’argentino Franco Fasoli. Proprio alla base di questo, si trova il piccolo accesso al cortile (sempre aperto), cioè all’interno del lotto 1.

È qui il Museo Condominiale di Tor Marancia: una dozzina di palazzi (uno di fianco all’altro separati da vialetti, piazzette, spazi verdi e panchine), interamente ricoperti di spettacolari, monumentali murales.

Bastano pochi passi per vederli tutti: sono 22, ognuno con la targhetta alla base che riporta titolo dell’opera, nome dell’artista e tecnica di realizzazione: la galleria d’arte a cielo aperto più grande del mondo, completamente gratuita, aperta 24 ore al giorno.

TOR MARANCIA, NOSTRA SIGNORA DI SHANGAI, MR.KLEVRA

Ne elenchiamo alcuni. Entrando da viale Tor Marancia il primo che appare è Santa Maria di Shangai, meravigliosa Madonna con Bambino di ispirazione bizantina che protegge il quartiere: la più grande icona del mondo. Il nome dell’autore Mister Kleva, potrebbe far pensare a qualche esotico artista e invece è lo pseudonimo di un ingegnere di un’azienda elettrica che forse, considerata la maestria, ha sbagliato mestiere.

Spettacolo, Rinnovamento, Maturità (Gaia, Usa): il murales più metafisico (il De Chirico più grande del mondo), raffigura un testone dello stadio dei Marmi (a ricordo della ricostruzione mussoliniana), una coda di pesce (ricorda le alluvioni) e un’arancia (per l’autore era un mandarino ma a furor di popolo è diventato arancia in onore della borgata ).

Costellazione Mano (Philippe Baudelocque, Francia): su una immensa mano nera (quella di Elisabetta, inquilina della palazzina), sono raffigurati universi, galassie e modelli  matematici.

Rapporto Uomo Natura (Jerico, Filippine): il giovanissimo autore dell’opera ha raffigurato le dita di Michelangelo in procinto di toccare un rametto di pesco di ispirazione “vangoghiana”.

Due Scarpe Rosse (Danilo Bucchi): raffigura le scarpe che indossava un’inquilina defunta chiamata da tutti “Bambolina”.

Io Sarò: per realizzare il meraviglioso ritratto della bimba, un capolavoro, l’autore ha tratto ispirazione da una foto risalente al tempo della riconversione urbanistica mussoliniana (la bambina era uno dei tanti “deportati” nel ghetto di Tor Marancia).

Hic Sunt Adamantes (Diamond): murales d’ispirazione art decò; diamanti è un riferimento ai bellissimi murales e insieme una dedica agli abitanti del lotto.

Alme Sol Invictus (Domenico Romeo): l’auspicio dell’autore è che il suo sole, in  sintonia con l’antico culto romano, dia forza e coraggio alla borgata.

Il Peso della Storia: i due giganteschi lottatori, argentino e italiano, il primo tiene sulle spalle il secondo, suggellano il legame che unisce i due Paesi.

Terminata la visita, tornate sulla Colombo e riprendete il bus 30 Ex fino alla fermata Piramide. Da qui inizia l’itinerario a piedi di circa 6 km (compre deviazioni varie) fino alla metro Garbatella (3-4 ore circa).

Siete a due passi dalla Piramide Cestia e dall’adiacente Cimitero degli Inglesi o Acattolico: all’ombra degli alberi si trovano tombe di artisti di ogni latitudine (uno dei luoghi più evocativi della capitale).

Tra gli illustri personaggi sepolti qui il poeta Shelley e Gramsci.

L’ultimo “inquilino” è Andrea Camilleri. Nel romantico prato all’ombra della gigantesca Piramide invece troverete la tomba più visitata (insieme al commovente Angelo Morente di William Wetmore Story), quella del poeta inglese John Keats, morto giovanissimo (accanto a lui c’è la lapide dell’amico pittore John Severn).

Sulla lapide di Keats si legge il famoso epitaffio: Here lies one whose name was writ in the water. Usciti, percorrete via Caio Cestio e poi via di Monte Testaccio fino ad arrivare all’ex Mattatoio, straordinaria testimonianza d’archeologia industriale, opera di fine ‘800 di Gioacchino Ersoch.

I 5000 mq di padiglioni sono stati sottoposti ad un meraviglioso restauro e oggi ospitano mostre, installazioni, spazi espositivi, laboratori di musica, danza e teatro (la sala della macellazione dei suini è rimasta intatta). Nell’adiacente Campo Boario troverete la Città dell’Altra Economia, nata per formare una “cittadinanza consapevole”.

Oltre alla libreria, al bio ristorante e al bio-bar, nell’immenso piazzale si tengono eventi di vario genere (artigianato, mercatini vintage, dischi di vinile, commercio equo-solidale, bioedilizia, agricoltura biologica e sociale); su mura e fatiscenti strutture intorno ci sono graffiti e murales.

TESTACCIO, CENTRO CULTURALE ARARAT (CURDI)

Nel muro interno del confinante Centro Culturale Ararat invece (centro d’accoglienza e piccolo museo con storia e info sul popolo curdo), troverete i murales di Stefano Salvi (lavoro interrotto causa coronavirus).

Subito all’esterno troverete il centro culturale Casa della Pace (eventi, progetti internazionali, corsi di musica, danza, fotografia).

Tornati in via Zabaglia proseguite lungo via delle Conce dove, lungo un muro di una quarantina di metri, troverete il murale del brasiliano Herbert Baglione. Osservate i frammenti di corpi (piedi che spuntano dal muro, teste e mani amputate, gigantesche capigliature, omini segaligni che si incrociano): appartengono a un’umanità derelitta in preda all’alienazione.

Proseguendo percorrete il sottopasso (anche qui diversi murales) e vi ritroverete al cospetto di Fronte del Porto, l’ex caserma dell’Aeronautica Militare che Blu ha trasformato in un mondo fantastico intriso di simbologie. Sul muro che sovrasta il lato lungo via del Porto Fluviale, si staglia il murale raffigurante un veliero sovrastato da gru, con robot gialli e omini rosa.

Sul palazzo dall’altro lato della strada, all’inizio di via del Gazometro, svetta Hunting Pollution, il gigantesco Airone antismog, il più grande murale “verde” d’Europa, opera di Federico Massa, in arte Iena Cruz. Proseguendo oltre l’incrocio deviate per via dei Magazzini Generali dove troverete il Wall of Fame (murale raffigurante celebri personaggi) e a seguire, all’incrocio con via Acerbi, il murale di 250 mq Paesaggio Sospettato di Danilo Bucchi, progetto nato su carta, in studio, poi ingrandito e applicato come un manifesto.

Tornati in via del Porto Fluviale proseguite fino alla Pescheria Ostiense sovrastata dall’ormai scolorito murales del Nuotatore di Agostino Iacurci.

Poi deviate lungo Riva Ostiense, stradone che costeggiando il Tevere arriva al Gazometro (1935, alto 90 metri), splendido relitto d’archeologia industriale. I vasti, irreali spazi che lo circondano, hanno ispirato artisti e registi, in particolare Ferzan Özpetek. Proprio di fronte si trova il Ponte della Scienza. Oltrepassatelo e proseguite per 250 metri lungo via Tirone fino a via Amedeo Avogadro.

È qui che si trova il Museo dell’ex Mira Lanza dove nel 2016, tra maggio e luglio, con un intervento artistico di “disobbedienza civile, Julien Malland, in arte Seth, realizzò una ventina di murales nel fatiscente scheletro della fabbrica. Trovarli da soli è però complicato. Non ci sono indicazioni.

E può anche essere pericoloso (pericolo di crolli e ogni tanto pochi di buono in giro). Cercate Tito e magari chiamatelo prima (telefono nel block notes): ma non risponde quasi mai.

E comunque non andate mai da soli.

Tornati a via del Gazometro, percorretela fino a via Ostiense per poi arrivare alla Centrale Montemartini, uno dei musei più straordinari e dimenticati di Roma: in quale altro luogo trovate statue dell’antichità classica in fusione coi vecchi macchinari della Centrale Termoelettrica che nel 1912 illuminava la città?

Da qui proseguite per 600 metri fino all’Università degli Studi Roma Tre nel cui cortile David Diavù Vecchiato ha realizzato il suo interessantissimo lavoro sull’evoluzione del linguaggio cinematografico.

Si tratta di 10 murales tratti da frammenti di film di disparata provenienza culturale e temporale. Sul muretto ci sono il faccione di Orson Welles a rappresentare il Terzo Uomo, poi Albero Sordi a ricordare lo Sceicco Bianco e il volto di un bambino che evoca il film iraniano Dov’è la casa del mio amico? di Abbas Kiarostami.

Dietro al muro sulla sinistra appare un’istantanea di Fernand Leger, il pittore che “usava il cinema come pittura in movimento” e sulla destra una grande luna colpita da un razzo, cioè il film muto Viaggio nella Luna (1902) di Georges Méliès.

Sul retro della palazzina infine si trovano il murale di Moolaàde, film del regista senegalese Ousmane Sembene, poi due donne abbracciate a rappresentare l’inconscio analizzato da Ingrid Bergman in Persona e infine una giovane in altalena con ghirlanda di fiori che ricorda il film cecoslovacco Sedmikrásky (“Margheritine”, 1966), pellicola sulle tensioni sociali giovanili durante il regime comunista.

Il film costò alla regista Věra Chytilová dieci anni di censura.

Usciti dall’Università, arrivate in 600 metri alla metro Garbatella.

Proseguite fino a Termini, prendete la linea A direzione Anagnina e scendete alla stazione Porta Furba, in borgata Quadraro.

La borgata fu innalzata agli inizi del ‘900 dagli emigrati del sud Italia. Utilizzarono  materiali di risulta per costruire case piccole, senza fondamenta, con un pezzetto di terra intorno; così vicine che se entri in un cortile ne trovi altri dieci intorno, con vicoli e vicoletti, tanto che i nazisti durante il rastrellamento lo chiamavano “nido di vespe” (era in questo labirinto che si nascondevano gli abitanti).

Oggi molte case sono decadenti e spopolate, proprietà di emigrati (Canada soprattutto) di cui si è persa memoria. I murales (nati dal progetto M.U.ro/Museo Urban di Roma di David Diavù Vecchiato) sono vicini tra loro e facilmente raggiungibili a piedi.

Tra i principali troviamo in via dei Pisoni angolo via dei Corneli, quello di Jim Avignon raffigurante Elvire, la modella di Modigliani (foto di copertina); scendendo di pochi metri lungo via dei Pisoni, di fronte alla libreria, c’è il murales con la scritta Quadraro nel cuore in cui appare un teschio dal quale spunta un albero, cioè la rinascita dopo la violenza nazista, opera del californiano Beau Stanton.

QUADRARO, BEAU STANTON, SENZA TITOLO

Lo stesso significato ha il murales di Ron English alla fine della via: un topo con la maschera antigas (il nazismo) contro il quale si erge Baby Hulk un bambino, cioè la stessa borgata che cresce sempre più forte (effetto tridimensionale: i due personaggi sembrano uscire dal muro).

Altri murales di grande significato sono Nido di Vespe di Lucamaleonte in via Monte del Grano: i 7 grandi insetti sul muro rappresentano la brulicante borgata al tempo del rastrellamento (l’opera è stata realizzata nel 2014 per l’opera commemorare i 70 anni dal tragico evento).

QUADRARO, BUCKINGHAM WARRIOR, GARY BASEMAN

L’adiacente murale invece, The Buckingham Palace di Gary Baseman in Largo dei Quintili, raffigura un inquietante  personaggio (il padre dell’artista) con la testa di un partigiano in mano e altre due figure sulle spalle: per ogni partigiano che moriva altri due prendevano il suo posto. I diavoletti sono i nazisti, le tre figurine surreali invece rappresentano la Libertas, la Veritas con un occhio solo (la verità ha solo un punto di vista) e la Fides con la testa mozzata (la sfiducia del popolo verso i governanti).

In via Tuscolana appare il murales di Sisto Quaranta, uno dei deportati del Quadraro, raffigurato in tre momenti di vita: al momento della deportazione, cioè a 16 anni, alla maturità e infine da vecchio.

Sisto riuscì a tornare in Italia e a vivere una vita normale: non fu facile dopo Auschwitz e il duro lavoro in una fabbrica in Germania. Poco oltre appare il Galata morente. Le due entrate del tunnel che separano il Quadraro Vecchio dal Quadraro Nuovo inoltre, sono ricoperte da murales scoloriti; in particolare su un lato appare Il Risucchiatore, un mostro con le fauci in corrispondenza dell’entrata (l’auspicio che chi osserva sia risucchiato nel magico mondo della street art).

Su un muro in piazza dei Tribuni invece, strisciano le spire rosa di un lunghissimo serpente, sostenute da esseri fantastici (opera di Nicola Alessandrini e Diavù). In via dei Lentuli un altro murale di Diavù insieme a quelli di Malo Farfan e Zelda Bomba sono stati vandalizzati alcuni anni fa. Tornati a metro Porta Furba, arrivate a Termini e poi prendete la linea B fino alla fermata Rebibbia.

Appena fuori vedrete il grande Mammut (7 metri per 5) realizzato nel 2014 da Zerocalcare (Michele Rech), una sorta di orgoglio di borgata (il celebre fumettista abita qui) contro il luogo comune che la ingabbia in una sola prospettiva: il carcere. E infatti sull’opera appare la scritta: Welcome to Rebibbia, Fettuccia di paradiso stretta tra la Tiburtina e la Nomentana, terra di Mammut, tute acetate, corpi reclusi e cuori grandi. Qui ci manca tutto, non ci serve niente.

Da qui percorrendo via di Casal dei Pazzi arrivate in 700 m in via Palombini e al primo monumentale murale di Blu raffigurante la Storia della Terra. Si tratta di una gigantesca spirale, sempre più grande dal basso verso l’alto (occupa i sette piani del palazzo), popolata delle creature succedutesi durante l’evoluzione: i primi organismi viventi, i dinosauri, l’uomo, grattacieli, centrali nucleari, carri armati, il Colosseo, le Piramidi, fino all’apocalittica distruzione finale.

Attraversando il cortile del condominio arrivate subito in via Ciciliano dove troverete, a 100 metri l’uno dall’altro, gli altri due capolavori dell’artista.

Il primo, Capita, sulla disuguaglianza sociale, è un Parco Acquatico dai colori sgargianti, con un groviglio di scivoli e tubature, una sorta di “intestino ” giocoso e inquietante al tempo stesso, in cui una doppia versione di umanoidi si spartisce destini opposti: ricchi e potenti finiscono in una dorata piscina, tra cocktails e banconote, i poveri diavoli invece, infilzati da forconi, annaspano in una terrificante palude.

Il secondo è un immenso Vegetale, quasi un arazzo di finissimi dettagli. Inutile dire che i tre murales, occupano l’intera altezza dei palazzi, per teatralità e finezza dei particolari, lasciano senza fiato. Molto interessanti i reperti paleontologici del vicino Museo di Casal de Pazzi.

 

 

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