Leggende, miti, racconti attorno al fuoco, con lo sguardo e il cuore rivolti alle vette circostanti, ai boschi, alle rocce che costituiscono questo piccolo angolo di mondo: siamo in Val di Scalve, in provincia di Bergamo, minuscola valle alpina incastonata tra Valle Seriana, Valcamonica e Valtellina, una terra di sorprendenti paesaggi naturali e di tradizioni ancora radicate, dove la montagna – per gli abitanti di Azzone, Colere, Schilpario e Vilminore – non ha mai smesso di essere una dimensione reale, viva e presente.

La testimonianza arriva anche dalle leggende popolari locali, che descrivono e interpretano luoghi, episodi storici e suggestioni tra fantasia e memoria. A cominciare dalla Presolana, montagna-simbolo di questa valle e protagonista di numerosissime storie…

Le Quattro Matte

Leggenda vuole che nel paese di Colere, ai piedi della Presolana in Val di Scalve, abitassero un tempo quattro bellissime sorelle, di nome Gardenia, Erica, Rosina e Genzianella. Bellissime, sì, ma altezzose: esse erano promesse spose a quattro bei giovani pastori, anch’essi fratelli. Fissata che ebbero la data delle nozze, qualche giorno prima del lieto evento le quattro giovani decisero di andare a fare la legna nell’abetaia posta ai piedi della parete est della Presolana: proprio qui, in un prato sotto la parete rocciosa, incontrarono un gruppo di piccoli e buffi esseri… gli gnomi.

Ora, in montagna era usanza credere che fossero proprio gli gnomi i responsabili di tanti disastri – come bufere, temporali o nevicate – ma le quattro sorelle non se ne curarono: si avvicinarono a loro, forti della propria bellezza, e trascorsero la giornata con gli esserini del bosco, mangiando, cantando e ballando. Gli gnomi, dal canto loro, erano così lusingati dalla presenza delle quattro donzelle da farsi promettere che ogni sabato sarebbero passate a trovarli. Le ragazze accettarono, ma solo perché avevano già progettato di prendersi gioco degli gnomi… E infatti andarono a vantarsi in paese di aver menato per il naso gli esserini magici, proprio poco prima di sposarsi.

Non l’avessero mai fatto! Gli gnomi scoprirono la loro arroganza e decisero che le quattro sorelle meritavano una punizione, una punizione terribile: non sarebbero mai più tornate a casa! Attirarono dunque Gardenia, Erica, Rosina e Genzianella fino a una sella in Presolana e, cantando un cupo lamento, un fulmine scese dal cielo e tramutò le quattro smorfiose in pietra.

I quattro pinnacoli di pietra sono ancora visibili sopra il paese di Colere (vedi foto di copertina) e gli escursionisti dicono di poter udire, talvolta, il lamento delle Quattro Matte, imprigionate per sempre nella roccia. 

Il gigante Zurio

Una volta, tanto tempo fa, un popolo di giganti saggi e buoni scese dal Nord per andare alla conquista di nuovi spazi. Tra di essi c’era anche il gigante Zurio che, amante dell’avventura com’era, decise di aggregarsi a una carovana di persone diretta verso le montagne della bergamasca, precisamente verso una vallata verde di pascoli e boschi e protetta da ripide montagne, che si chiamava Decia. Quando però la carovana decise di fermarsi più in basso, Zurio volle proseguire da solo, ammaliato dalla suggestione di quella valle meravigliosa.

Camminò per settimane, fino alla fine dell’estate: allora cercò un riparo, deciso poi a proseguire quando il tempo sarebbe stato più clemente. La neve coprì tutto: il gigante, il suo riparo, le scorte, e Zurio si sentì stanchissimo, di quella stanchezza che giunge alla fine della vita. “Se solo potessi diventare parte di questo mondo meraviglioso, per difenderlo dalla cattiveria dell’uomo!”, pensò Zurio. Un ululato interruppe il suo pensiero ed egli lo interpretò come un segnale: decise che si sarebbe sdraiato lì, scegliendo per il suo riposo il luogo per proteggere il bellissimo luogo ignoto che aveva scoperto. Si distese allora sulla terra, il gigante Zurio, e intrecciò le mani sul cuore, e si addormentò: quando giunsero gli uomini in quelle terre, lo videro lì dov’è tutt’ora, lungo alcuni chilometri, steso con il viso rivolto verso il cielo, a proteggere la bellezza della Valle Decia… La Val di Scalve.  

Il profilo del gigante Zurio è ancora visibile nel profilo del Massiccio della Presolana. 

©Erica Balduzzi

La leggenda del nome “Presolana”

Sull’origine del nome “Presolana” si raccontano due leggende, molto simili, entrambe con protagonisti i Romani e il popolo barbarico degli Alani. 

La prima di esse narra che nell’anno 463 gli Alani, guidati da Biogor, valicarono le Alpi e si insediarono in terra bergamasca: i Romani allora inviarono un grande esercito con a capo Ricimiero, che affrontò e sconfisse i barbari sulle pendici di quella che sarebbe poi diventata la Presolana, da “preso l’Alano”. 

La seconda leggenda narra che il re degli Alani, Re Lana, si fosse stabilito nella Grotta dei Pagani come ultima roccaforte contro l’avanzata dell’esercito romano. Quest’ultimo sconfisse i barbari e catturò Lana: l’evento fu conosciuto come “la presa di Lana” (da qui il nome del massiccio montuoso che chiude la Val di Scalve). 

Entrambe le leggende sono concordi su una cosa: che ancora oggi, quando la nebbia ammanta le guglie calcaree della Presolana, è possibile sentire i lamenti dei fantasmi degli Alani che si aggirano tra le rocce… 

 

Sul numero 284 (ottobre 2020) di Itinerari e Luoghi, disponibile in edicola e online, trovate maggiori informazioni, curiosità e un itinerario dedicato alla Val di Scalve.
Qui trovate invece tutti i nostri consigli di viaggio.

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