La Basilica di San Lorenzo e l’Opera Medicea Laurenziana ospitano, dall’8 novembre 2018 al 7 gennaio 2019, Natus una mostra nata dall’incontro del poeta Davide Rondoni con le opere scultoree di Ugo Riva, organizzata da Etra-Studio Francesca Sacchi Tommasi.

Natus come participio passato di nascor, nascere, ma anche origine del termine “natura”, racconta il ciclo misterioso della vita, nel suo inarrestabile vortice di creazione e distruzione. Riflette su un tema “scandaloso” e centrale della nostra epoca come la nascita, argomento che continua a sollevare interrogativi e che pone ogni essere umano di fronte ad un inevitabile bivio, da un lato la storia passata da cui la nascita ha origine e dall’altro l’avventura verso cui proietta. La maternità, uno dei temi centrali del lavoro di Ugo Riva, è sempre stata materia d’indagine nell’arte di tutti i tempi, in pittura e scultura come in poesia. In un luogo sacro e di grande suggestione come il salone di Donatello sotto la Basilica di San Lorenzo, i versi appositamente scritti da Davide Rondoni danno voce alle opere di Ugo Riva, silenti per natura ma sollecitatrici di dialogo e confronto. Natus è racconto di forme e versi, di parole scolpite nella poesia e di corpi di scultura. “Fare scultura è cosa complessa – ci dice lo stesso Riva. La parola, aggiunta alla forma, aiuta a conoscerla meglio, per comprenderne il tutto”.

Ugo-Riva

La mostra è una scelta retrospettiva dell’artista accanto ad alcune opere inedite, realizzate per l’occasione. Un percorso semplice e rigoroso con ventidue sculture in terracotta policroma, bronzi policromi e due grandi disegni che sintetizzano un trentennio di ricerca interiore di Riva sul rapporto madre-figlio, sia costui figlio di Dio o semplice uomo, sorretta da una continua tensione nell’indagare il senso, la Verità dell’esistere. L’esposizione si apre con due Annunciazioni affiancate dalla rivisitazione moderna della stella della Natività nella grotta di Betlemme, per proseguire con L’Arca della Speranza, Madre di Dio, Le mie Radici opera del 1990 in cotto dell’Impruneta affiancata da Vitae, opera complessa  del 2018  in cui lo scultore fa convivere materiali di natura e origini diverse come una “siviera” in metallo per fusione sormontata da tralci di vite da cui scaturiscono racconti di sentimenti  in terracotta policroma. Chiude la mostra l’installazione Reliquia-Nelle mani di Dio, dove la presenza della foglia d’oro fa da trait d’union tra i due corpi scultorei, lasciando nel visitatore una luce di speranza. Natus sarà accompagnata da un libro, edito da CartaCanta, con il testo in versi di Davide Rondoni e interventi di Massoud Besharat, Giordano Bruno Guerri, Beatrice Buscaroli, Francesco D’Arelli, Alba Donati, Sergio Givone, Lucetta Scaraffia, Vittorio Sgarbi e un’intervista all’artista a cura di Paola Veneto, foto di Andrea Sbardellati.

Ugo Riva nasce a Bergamo (1951) e scopre il suo talento artistico nel corso degli studi superiori presso l’Istituto Magistrale Statale: dopo alcune sperimentazioni pittoriche decide di dedicarsi completamente alla scultura e frequenta brevemente lo studio di Tarcisio Brugnetti. Le opere giovanili, negli anni Settanta e Ottanta risentono dell’influenza espressionista; in seguito lo studio della statuaria greca e poi di quella rinascimentale italiana, lo portano ad abbracciare stilemi neoclassici e al recupero di temi mitologici ed epici. Le sue prime mostre risalgono all’inizio degli anni Ottanta e dal termine del medesimo decennio si datano, invece, le collaborazioni con importanti gallerie e mercanti d’arte che lo hanno portato ad esporre, negli anni successivi, in numerose città italiane e straniere. Gli incontri con il gallerista Giuseppe Gastaldelli e il critico Mario De Micheli, lo avvicinano alle opere di grandi scultori del XX secolo come Ivan Mestrovic, Arturo Martini, Marino Marini, Henri Morre che costituiranno, insieme a Ypousteguy, Giacomo Manzù e Augusto Perez, ulteriori fonti di ispirazione per l’evoluzione della sua poetica. Dalla metà degli anni Novanta, infatti, Riva, senza mai tradire la scelta figurativa, opera un’incessante ricerca personale basata su una lettura critica della società contemporanea e del ruolo che gli artisti e l’arte sono chiamati a svolgere in essa.

Ugo-Riva

Oltre alla scultura, Riva nutre una grande passione per il disegno: nel 2000 ha realizzato l’Evangelario per l’anno giubilare, l’anno successivo ha poi illustrato un’edizione dei Canti di Giacomo Leopardi mentre nel 2003 è stata la volta del Libro d’ore, contenente ventinove Canti del Salterio tradotti da David Maria Turoldo  (che Riva conobbe personalmente negli anni Settanta durante il priorato di Turoldo presso l’Abbazia rettoria di Sant’Egidio in Fontanella), l’Ave Maria e sette Canti del Nuovo Testamento  selezionati da monsignor Gianfranco Ravasi, autore dell’introduzione e dei commenti ai testi. Le esperienze dell’Evangeliario e del Libro d’ore hanno inoltre rinnovato il suo interesse per l’arte sacra, che si è estrinsecato nella realizzazione, nel 2006, di una Via Christi, fregio di 18 metri in cotto policromo per il Tempio Votivo di Bergamo. Negli ultimi anni hanno assunto particolare rilevanza la creazione, nel 2011, di Anima Mundi, un’opera raffigurante un angelo acefalo e collocata a Bergamo nel centralissimo largo Porta Nuova, la partecipazione, nello stesso anno, alla Biennale di Venezia e la realizzazione della mostra Sculture nel parco tenutasi nel 2012 presso il Four Seasons di Firenze. Nel 2013 è stato nominato membro della Accademia dei Virtuosi al Pantheon. Nel 2017 il comune di Arezzo gli allestisce nella Fortezza Medicea la mostra retrospettiva  La porta dell’Angelo. Il suo lavoro è stato oggetto dell’attenzione di critici, tra gli altri, quali Mario De Micheli, Sergio Zavoli, Vittorio Sgarbi, Elena Pontiggia, Donald Kuspit, Gerard Xurigera, Timothy J. Standring, Wolf Gunther Thiel e Flavio Arensi.

 

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