Castiglione Olona è un prezioso scrigno quattrocentesco, interamente percorribile a piedi, immerso nel verde della Valle Olona. Borgo di origine tardoromana, dal 1422 per volere del cardinale Branda Castiglioni fu riplasmato quale città ideale, la prima del Rinascimento italiano.

Lontano da Firenze, dentro l’Umanesimo. Castiglione Olona, a pochi km da Varese, è uno dei borghi più belli d’Italia, con una concentrazione di monumenti da far invidia al capoluogo toscano. A iniziare da Palazzo Branda Castiglioni, con la fiabesca veduta di Masolino da Panicale, maestro fiorentino che a Castiglione lasciò le sue ultime opere note, e il Museo di Arte Plastica, entrambi di proprietà comunale, ospitato nelle sale affrescate del quattrocentesco Palazzo dei Castiglioni di Monteruzzo; la Chiesa di Villa, “tempio” a pianta centrale, memore di illustri esempi fiorentini, con un notevole patrimonio scultoreo sia all’esterno sia all’interno; il Complesso della Collegiata, che sorge sul colle più alto del paese, sul sito dell’antico castello, e che comprende il Museo, la Chiesa e il Battistero con il ciclo del Battista, capolavoro di Masolino.

Nella Collegiata, di proprietà della Parrocchia della Beata Vergine del Rosario, spetta a Masolino il leggiadro ciclo dedicato alla Vergine, mentre del fiorentino Paolo Schiavo e del senese Vecchietta sono le avvincenti storie dei santi Stefano e Lorenzo. Sculture di maestri caronesi consentono di sfogliare un capitolo significativo della scultura lombarda (dalla lunetta in facciata alla tomba del cardinale Branda fino ai polittici in pietra policroma che ornano gli altari laterali).

Splendori inaspettati come il lampadario nordico del XV secolo, con otto bracci istoriati e statuine della Madonna con il Bambino e dei santi ai quali è consacrata la Collegiata, testimoniano la cultura autenticamente europea del committente Branda Castiglioni.

Nel Battistero le celebri scene con la vita di san Giovanni Battista, riconosciuto capolavoro di Masolino, si compenetrano senza rispettare la scansione spaziale reale. È un racconto suggestivo che dal 1435 corre senza soluzione di continuità sui muri, negli sguinci delle finestre, sulle volte. Si aprono delicati paesaggi, spuntano architetture in prospettiva, si mostrano personaggi aggraziati, spesso vestiti all’ultima moda, in un compendio straordinario di tecnica pittorica perché questo incantevole spazio, segnato da vicende conservative complesse, aiuta a cogliere da vicino particolari sorprendenti, a distinguere giornate, stesure ad affresco, aggiunte a secco.

Nel Museo, riallestito cinque anni fa secondo moderni criteri espositivi, si ammirano dipinti fiorentini, quali la delicata Annunciazione di Apollonio di Giovanni e la grande Crocifissione attribuita a Neri di Bicci, manoscritti miniati, preziose oreficerie, sculture. Il giardino, un tempo occupato da un grandioso chiostro, regala momenti di bellezza non solo naturalistica, offrendo interessanti prospettive sulla Collegiata e il suo campanile.

Che cosa c’è di nuovo

Chi desiderasse tornare a Castiglione dopo lungo tempo, troverebbe non poche novità. Vedrebbe più nitidamente gli affreschi di Masolino e compagni, dopo l’intervento di Pinin Brambilla Barcilon, grande restauratrice del Cenacolo; troverebbe inoltre una scena in più, nel ciclo della Vergine in Collegiata, perché nel 2003 è riemersa un’interessante Dormitio Virginis, attribuita a Paolo Schiavo. Potrebbe visitare tre stanze dell’antica canonica, dove dal 2013 il tesoro della Collegiata è esposto con piena dignità e un curato allestimento. Forse noterebbe per la prima volta tante opere qui conservate, risanate e nuovamente apprezzabili nel dettaglio: codici di canto ambrosiano, alcuni dei quali miniati; il raffinato cofanetto nuziale, con placchette in osso intagliato, poi riutilizzato come reliquiario, per il quale è stata più volte evocata la bottega degli Embriachi; calici, aspersori, pissidi, fino a dipinti su tavola. Tra le gemme più preziose è l’Annunciazione attribuita ad Apollonio di Giovanni, pittore e miniatore che a Firenze insieme a Marco Del Buono condusse una delle più famose botteghe specializzate nella decorazione di cassoni nuziali e deschi da parto. Il restauro del 2017 ha esaltato l’alta qualità dell’opera e la finezza dei dettagli, quali la modellazione dell’equilibrata architettura, ispirata a celebri esempi del primo Rinascimento fiorentino, e ha consentito di meglio osservare particolari iconografici interessanti, quali il Bambino Gesù che discende verso la Vergine e l’ombra di Maria, carica di forte valore simbolico, che si proietta, aureola compresa, sul muro alle sue spalle. L’ultimo dipinto recuperato, in ordine di tempo, è la Sacra Famiglia con santa Caterina da Siena, che ha ricevuto una nuova attribuzione, con l’ascrizione a un maestro veneto- cretese del tardo Cinquecento. Ogni restauro che possa dirsi ben condotto deve portare a una nuova consapevolezza sui beni curati. Così è stato per il recupero del prezioso chandelier quattrocentesco della Collegiata, realizzato nell’ambito del progetto Restituzioni 2018: la successiva mostra presso Venaria Reale (28 marzo – 16 settembre 2018), che Intesa San Paolo ha organizzato per comunicare gli esiti degli interventi conservativi finanziati, è stata occasione per raccontare a un ampio pubblico non solo il valore artistico del lampadario, spesso accostato al celebre ritratto dei coniugi Arnolfini di Jan Van Eyck, in cui un simile ma più modesto lampadario è rappresentato nei minimi particolari, ma è stata anche la giusta sede per ribadire l’autenticità del raro manufatto, in passato da qualcuno messa in dubbio in ragione di un furto mascherato che avvenne verso la fine dell’Ottocento, quando una rinnovata attenzione per le cosiddette arti applicate generò tanti falsi e traffici truffaldini. L’avvincente giallo racconta che il parroco mandò il lampadario a Milano perché venisse pulito; al ritorno, fu ricollocato al suo posto; solo qualche tempo dopo l’architetto Luca Beltrami vide per caso l’originale presso un antiquario milanese, consentendo di scoprire che era stata restituita una copia, ottimamente eseguita, poi spostata nella Chiesa di Villa (anche la copia è stata spolverata e studiata nei mesi scorsi).

Il lampadario in ottone della Collegiata, ascrivibile al terzo o quarto decennio del XV secolo, è opera di manifattura fiamminga o tedesca. Il restauro ha garantito nuova leggibilità agli otto bracci con san Giorgio e il drago, al tempietto con la Madonna con il Bambino e i santi Lorenzo e Stefano e alla testa di leone, finemente lavorata, che chiude il cono inferiore. Intanto proseguono gli interventi conservativi sulle architetture: dopo il torrione d’ingresso alla rocca, concluso nel 2018, sarà la volta del rosone della Collegiata. Affinché lo sforzo per il recupero del patrimonio storico- artistico non sia vano, il Museo della Collegiata cerca di fare in modo che ogni azione, sostenuta da adeguata comunicazione, generi conferenze e iniziative divulgative per diversi tipi di pubblico, dia nuova linfa a progetti educativi e ad attività specifiche per le famiglie. Si può così seguire “signor Tond”, divertente cerchio che va in giro per incontrare altri rotondi come lui; ed eccolo parlare con cerchi di pietra, occhi di luce, dischi d’oro e buchi color arcobaleno; oppure si può andare a caccia di animali che non fanno versi e, anche se sono feroci, se ne stanno buoni buoni: uno zoo scolpito e dipinto, tutto d’autore! Il sito internet del Museo (www.museocollegiata.it), recentemente rinnovato e ancora in fase di espansione, riporta tutta l’offerta didattica per scuole di ogni ordine e grado, da poco formulata, nel desiderio di promuovere percorsi e laboratori che superino la semplice esperienza della visita guidata.

Tre anni fa a pochi passi dalla Collegiata, in un antico rustico costruito sui resti della rocca medievale, è stata aperta la Locanda della Collegiata (www.locandaallacollegiata.com), aperto nei weekend e disponibile ogni giorno per gruppi su prenotazione.

Nel 2018 è stato presentata la prima produzione del vino della Collegiata (Il Collegiata), grazie a Francesco Nutricati, vignaiolo volontario che nel 2015 ha riportato i filari di vite sul pendio della Collegiata: 300 piante che hanno riqualificato paesaggisticamente il cuore del borgo e che hanno donato un giovane Merlot, non in vendita, ma ad esclusivo sostegno di iniziative benefiche, così che la cura della terra sostenga la ricerca per malattie rare o realtà sociali bisognose.

Come raggiungere Castiglione Olona

In auto: autostrada A8 Milano-Varese, uscita Gazzada, poi SP57 per 4 chilometri fino a Lozza, dove a destra si svolta per entrare a Castiglione Olona.

In bici: pista ciclabile Valle Olona da Castellanza a Castiglione Olona (20 chilometri circa) http://www.vareselandoftourism.com/pista-ciclabile-valle-olona.

Info: www.museocollegiata.it

Articolo precedenteN°. 268 Marzo 2019
Articolo successivoA sciare in treno con i “Treni della neve”