Il Parco Nazionale Gran Paradiso compie cento anni. In un secolo si è raggiunto un invidiabile equilibrio tra uomo e natura, basato sul reciproco rispetto. Gran parte del merito va alle donne che hanno scritto la storia di queste vallate. Protagoniste della lotta partigiana e storiche ristoratrici. Ma anche giovani contadine, allevatrici, guide escursionistiche che stanno contribuendo alla vita del territorio.

di Claudio Agostoni – foto di Bruno Zanzottera

L’ITINERARIO

  • Punto di partenza: Valnontey
  • Punto di arrivo: Vallone di Valeille
  • Lunghezza: da Valnontey a Lillaz: 6,5 km in auto + percorso a piedi
  • Durata: 5 ore
  • Note: altri due itinerari (Val di Rhemes e Valsavarenche) si possono consultare sul n° 296 di Itinerari e Luoghi.

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HIGLIGHTS

Centro visitatori del Parco Nazionale Gran Paradiso di Cogne

Benvenuti nel Centro Visitatori del Parco Nazionale Gran Paradiso di Cogne, tappa importante per entrare in sintonia con la genesi e la mission di quest’area protetta che può essere considerata un’icona per quel che riguarda l’integrazione tra gli elementi di madre natura e l’uomo.

Questo Centro è una sorta di laboratorio esperienziale di TutelAttiva che, attraverso sistemi multimediali, giochi interattivi e uno spazio sensoriale offre un percorso di cinque tappe tematiche: Acqua, Bosco e Pascolo, Fauna e Uomo. Infine due allestimenti tematici offrono interessanti punti di vista sui mondi del Lupo e dello Stambecco.

Cascate di Lillaz

Lillaz è la sinfonia dell’acqua che racconta gli stati d’animo. Il torrente Urtier gorgoglia sommesso fino al palcoscenico disegnato da Madre Natura dove si apre il sipario verso il vuoto: tre salti, tre urli che squarciano il silenzio del Gran Paradiso.

Il sentiero che abbraccia questo spazio naturale racconta l’energia delle grandi montagne, accompagna passi leggeri e silenziosi a contatto con la metamorfosi infinita dell’acqua che gioca con la forza di gravità in uno spartito alto 150 metri. Il fragore appare infinito ma con l’avvicinarsi dell’inverno diventa un sussurro.

Poi il silenzio bianco e immobile rotto di tanto in tanto dagli scricchiolii del ghiaccio. La rinascita primaverile è scandita dalle gocce del risveglio. È il preludio che anticipa la sinfonia di Lillaz.

Emilia, Barbara e la partigiana Lola: storie di ordinaria bellezza

Emilia è un ex segretaria di un’impresa edile. “La mia divisa era composta da tacchi a spillo, tailleur e unghie curatissime“. Venti anni fa ha iniziato a coltivare qualche pianta di montagna e oggi sono ancora qui che le coccolo e le coltivo. È diventato il mio lavoro“.

Lo si nota anche da un dettaglio: Emilia ha le braccia sempre abbronzate, ma non le mani: “Lavoro la terra all’aria aperta, ma uso i guanti perché alle mie unghie continuo a tenerci...”.

Barbara vive nella casa della bisnonna, che ha parzialmente trasformato in atelier. “Non ho il mito dell’artista, mi basta vivere del mio lavoro di pittrice“.

Non dipinge mai su tela, ma usa materiali edili di seconda mano perché le piace come interagiscono con la pittura: lamiere zincate, vecchie lavagne di ardesia, carta catramata o vetrata.

Tra i suoi lavori tanti soggetti legati alla montagna, una biografia pittorica di Walter Bonatti e richiami alla resistenza. Da queste parti è stata scritta una pagina importante della lotta contro il nazi-fascismo, quella della Repubblica Partigiana di Cogne (7 luglio – 2 novembre 1944).

Lola era il nome di battaglia di Aurora Vuillerminaz, che durante la lotta partigiana guidava i fuggiaschi attraverso i valichi alpini da e per la Francia.

L’ultima sua camminata tra i monti è datata 16 ottobre 1944.

I repubblichini, grazie a una soffiata, la bloccarono a Villeneuve mentre faceva da guida a un gruppo di antifascisti. Furono tutti fucilati. Pochi istanti prima Lola chiese scusa ai suoi compagni per non essere riuscita a portarli in salvo. Un misto di coraggio e di dolcezza. Un esempio per le donne che stanno facendo vivere le vallate del Parco.

Maison di Pitz

È la casa del pizzo di Cogne, luogo che celebra l’antica abilità di creare merletti al tombolo. Correva il 1665 quando le monache benedettine fuggite dall’abbazia di Cluny si rifugiarono in Valle d’Aosta.

Insegnarono l’arte di maneggiare fuselli e realizzare merletti con filo di canapa regalando un segno di raffinata eleganza fino a quel momento assente sugli abiti tradizionali neri, essenziali e severi.

Nacquero cosi les Dentelles de Cogne, i pizzi di Cogne, tramandati di madre in figlia da les Dentellières che oggi proteggono e valorizzano questa tradizione grazie ad una cooperativa che le vede riunite e molto attive: producono infatti circa un chilometro e mezzo di merletti. Oggi usano filo di lino e il pizzo di Cogne è l’unico che viene realizzato senza un disegno di base ma semplicemente “fatto a memoria”.

Tovaglie, centrotavola, lenzuola, asciugamani e copriletti lavorati con la tecnica del pizzo al tombolo raccontano una storia lunga fatta di abilità, pazienza, creatività ma soprattutto passione.

INFORMAZIONI UTILI

DORMIRE

Cogne

Rhêmes Notre Dame

Introd

MANGIARE

Cogne

Rhêmes Notre Dame

  • Le Chalet de Pellaud, Pellaud, tel. 349.2272527; FB: lesrefuges
  • Ottima la cucina degli alberghi Boule de Neige, Grand Rousse e Granta Parey

COMPRARE

  • Grolle e coppe dell’amicizia: Azienda familiare che lavora oggetti tipici di legno secondo le tradizioni locali. Accanto al laboratorio è possibile visitare l’esposizione degli oggetti e delle sculture prodotte nel piccolo punto vendita, Amis du Bois, Les Villes Dessus 9, Introd (AO), tel. 0165.95527; www.lesamisdubois.com.
  • Piante e fiori di Montagna: Commercio di piantine essiccate, kit per una produzione domestica di genepy (tutte le erbe sono coltivate nella vicinanza della sede senza uso di prodotti chimici), Da Emy SS Agricola, frazione Bois de Clin, Valsavarenche (AO), tel. 347.3716812, FB: daemygenepy.
  • Merletti (“les dentèlles”): Frutti raffinati di un lavoro manuale che si tramanda nel tempo arricchendosi con la fantasia e con l’esperienza di donne giovani e anziane. Coop, Les Dentellieres de Cogne Rue Dottor Grappein 50, Cogne (AO), tel. 0165.749282; FB: dentelles.
  • Quadri e dipinti: Per i lavori della pittrice Barbara Tutino ed essere aggiornati sulle sue mostre: www.barbaratutino.it.

CONTATTI UTILI

  • Il sito ufficiale del Parco Nazionale Gran Paradiso è www.pngp.it. Per escursioni all’interno del Parco, in particolare nei mesi invernali, è opportuno farsi accompagnare da una delle sue 19 guide ufficiali ed esclusive (tel. 011.8606233).
  • Sul sito www.pngp.it/visita-il-parco/escursioni-con-le-guide trovate un sistema di ricerca che vi aiuta a trovare la Guida che più si adatta alle vostre esigenze.
  • Fondation Gran Paradis. È l’ente che coordina le attività dei diversi Centri Visitatori presenti nelle diverse vallate del Parco Nazionale del Gran Paradiso. È qui che bisogna rivolgersi per conoscere orari e modalità di accesso nei diversi Centri. Villaggio Cogne n.81, Cogne, tel. 0165.75301, www.grand-paradis.it.

L’ITINERARIO

Lasciata la macchina nel grande parcheggio della frazione di Valnontey (1682 mt), ci si addentra all’interno del vallone al culmine del quale si ergono le più importanti vette del massiccio del Gran Paradiso e il Ghiacciaio del Grand Croux.

Seguire il versante orografico destro del torrente che dà il nome alla frazione (è un’affluente della Grand Eyvia). Boschetti e radure si alternano, permettendo l’osservazione del pascolo di numerosi animali selvatici. Al primo ponte (Ponte della Leuttaz) è opportuno spostarsi sulla sinistra orografica e proseguire costeggiando la pista di fondo, senza calpestarla, fino a Valmiana (1731 mt), raggiungibile in circa 1h 30m.

Ritornati al parcheggio e recuperata la macchina, in poco più di 3 km si raggiunge Cogne. Altri 3 km seguendo la SR47 e, dopo aver superato la frazione Champlong, si arriva a Lillaz (circa 45 minuti a piedi), un borgo sul lato sinistro del torrente Urtier a 1610 mt d’altitudine.

Da qui, in meno di un’ora, si può seguire un percorso ad anello (sentiero 13L) che permette di ammirare alcune splendide cascate ghiacciate generate del torrente Urtier: tre salti che coprono 150 mt di altezza.

Un vero e proprio paradiso per i cascadeurs, gli appassionati di arrampicata su ghiaccio. La macchina va lasciata nel piazzale sulla destra idrografica, poco prima del ponte che consente di raggiungere il nucleo più vecchio del borgo.

Si supera il torrente Urtier e si attraversa il villaggio; uscendo dall’abitato si inizia a camminare in falsopiano lungo il torrente, mantenendo il corso d’acqua alla propria sinistra e, camminando tra gruppi di larici e abeti rossi, popolati da scoiattoli e da numerosi specie di uccellini, si arriva alla base delle cascate.

Si prosegue sino a un ripiano erboso (a 1745 mt circa, il punto più alto della camminata) da dove appare in tutto il suo splendore la terza cascata, la più spettacolare. Ritornati sui propri passi, si riprende il sentiero che si allontana dal torrente con percorso quasi pianeggiante e che raggiunge infine la carrozzabile (chiusa al traffico) che sale da Lillaz per raggiungere la frazione Gollie.

Giunti sulla strada, si volta a sinistra e si ridiscende al piazzale di Lillaz, da dove si può ripartire per una escursione lungo il vallone di Valeille. Basta seguire il sentiero 15 e, sin quasi allo strappo che porta al casotto del Parco (2258 mt) nel vallone dell’Arolla (percorso 15A), il percorso non presenta particolari asperità. In compenso su ambo i lati della Valeille fantastiche cascate ghiacciate si offrono a decine di cascadeurs.

NOTE DI VIAGGIO

Osserva bene il sedere bianco di quel capriolo, può salvare la vita a molti suoi consimili. Quando si sente spaventato il suo ‘specchio anale’ aumenta di dimensioni fungendo in questo modo da segnale visivo per i conspecifici mettendoli in allarme. L’andamento con salti e grandi balzi consente di mostrarlo al maggior numero di caprioli possibile….

Che il lato B di un ungulato, dedito al twerking come Elettra Lamborghini, fosse un campanello d’allarme per i suoi compagni è una delle scoperte che devo a Serena, una delle 19 guide ufficiali del Parco Nazionale Gran Paradiso.

Seguire con lei, armati di ramponcini sugli scarponi, i sentieri innevati del Parco è come camminare dentro un libro incantato che ti svela inaspettate meraviglie della natura.

Scopri per esempio che il gipeto, che da poco ha iniziato a ripopolare i cieli del parco, per i Savoia era una sorta di gatto nero, ovvero un portatore di sfortune. “Ovviamente è solo superstizione – specifica Serena – Va però ricordato che questo avvoltoio con tre metri di apertura alare, l’iride rossa e una barbetta demoniaca, effettivamente ha un aspetto inquietante. Era chiamato ‘spaccaossa’ perché lo si vedeva volare con in bocca le ossa delle sue prede. Non è un’ostentazione di machismo, semplicemente la conformazione del suo becco che, a differenza di quello di altri rapaci, gli consente di nutrirsi del midollo osseo“.

Sempre grazie a Serena si impara che il ritorno del lupo ha portato equilibri indiretti sulle specie vegetali.

L’eccessiva presenza di ungulati è un problema per la vegetazione, di cui loro si nutrono. La presenza dei lupi ne diminuisce il numero, sia direttamente (grazie alla sua attività predatoria) sia indirettamente, ovvero costringendo caprioli, cervi e cinghiali a spostarsi sempre in diversi segmenti del bosco“.

Il riscaldamento globale sta colpendo anche qui: il Parco negli ultimi 200 anni ha perso 58 kmq di ghiacciai.

“Quello del Gran Paradiso – ha dichiarato Marco Giardino, segretario del Comitato glaciologico italiano – è l’area delle Alpi che ha subito un maggiore arretramento dei ghiacci: ha perso circa il 65% della sua superficie in 120 anni“.

Camminando con Serena te ne puoi rendere conto osservando piccoli segnali naturali.  Alcuni uccelli che in genere vivono in luoghi urbanizzati, come la cornacchia grigia e la gazza, a causa dei cambiamenti climatici si sono alzati di quota e ora svolazzano anche nel Parco, dove mettono a rischio l’esistenza dei pulcini di alcuni uccelli che da sempre vivono qui.

Ed è per questo – ci spiega – che le guardie forestali stanno costruendo, per mettere in sicurezza i pulcini, alcune casette dove si possono riparare senza diventare materia prima di un lauto pasto“.

Ci racconta dell’importanza dei cespugli di crispino: “Li chiamiamo gli ‘autogrill dei migratori’, perché è uno dei cibi preferiti (nonché ricchi di sostanze nutritive) degli uccelli che passano da queste parti nei mesi autunnali e invernali“.

E di come la golosità di pinoli dei pini cembri da parte della nocciolaia, un passeriforme della famiglia dei corvidi, favorisca la dispersione di questa pianta.

Altrettanto affascinante l’incontro con la signora Guerrina. Con lei si ha la conferma che nelle vallate montane spesso la cifra comune è la solidarietà. “Ho ottant’anni e la mia vita l’ho passata qui, in Val di Rhêmes”.

Dal ’62 lavora nell’albergo che la famiglia del marito gestisce dal 1928 ed è diventata una testimone vivente dello sviluppo turistico della valle. “Ci sono arrivata da sposina e non mi sono più mossa“.

I soldi per aprire l’albergo arrivarono da anni di emigrazione. “L’ha aperto mio suocero dopo aver vissuto a lungo da emigrato in America. Prima in Colorado poi a New York, dove ha fatto il taxista. I primi anni sono stati duri. I clienti si dovevano andare a prendere con la Balilla di famiglia e portarli fin quassù. Allora per vivere bisognava risistemare le vecchie case abbandonate, oggi non c’è più niente che non sia stato ristrutturato. Prima si emigrava, ora invece vengono a cercare il lavoro qui in valle. Da noi da dieci anni lavora un ragazzo africano, che ora ha sposato una valdostana e hanno un figlio“.

Anche Paola è una sorta di ‘immigrata‘.

È di Milano e in Valnontey ci andava in vacanza con i genitori. Ha lavorato a Bruxelles e negli Stati Uniti sino a quando ha deciso di rilevare l’azienda del nonno del marito: un piccolo allevamento di bovini.

Ci hanno aggiunto alcune capre e aperto un caseificio. Una struttura che con il tempo è diventata anche un agriturismo. “Noi vendiamo tutto nel territorio, non conferiamo i nostri prodotti ai grossisti. Per mantenere questa politica durante la pandemia, quando i clienti non potevano venire da noi, abbiamo aperto un’altra cantina. Qui abbiamo iniziato a produrre formaggi stagionati. Non abbiamo fatto svendite e abbiamo potuto aspettare il ritorno dei clienti“.

 

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